Docenti e Ata si assentano per malattia meno degli altri dipendenti pubblici, pur essendo più esposti ai virus e ai malanni.
Perché chi lavora nelle scuole opera in ambienti chiusi frequentati da centinaia di alunni. Ora, anziché evidenziare questo aspetto, che fa onore a chi opera nella scuola, sembra diventata una consuetudine tacciare la categoria come assenteista e poco attaccata alla professione. Viene smontata quindi questa favola metropolitana, come quella sui due mesi di ferie estive e delle poche ore di lavoro al giorno degli insegnanti.
Risponde così Alessandro Giuliani, direttore della Tecnica della Scuola, nel corso della rubrica settimanale “L’angolo del direttore” del 30 gennaio, alla redazione di Radio Cusano Campus a proposito dei dati statistici pubblicati dalla Ragioneria Generale dello Stato sulle presenze sul luogo del lavoro dei dipendenti pubblici nel 2015.
“Le medie lasciano il tempo che trovano, ma rimane il fatto che i dipendenti della Scuola si assentano per malattia ogni mese e mezzo. E nel caso degli uomini, non vanno al lavoro in media solo una volta ogni due mesi scarsi. Considerando che in questo computo sono comprese anche le visite specialistiche, di cosa stiamo ancora parlando? È un dato di fatto, quindi, che se si eccettuano casi particolari, la maggior parte degli insegnanti hanno un attaccamento al lavoro superiore alla media”.
“Se le loro assenze risultano più visibili – ha continuato Giuliani – è anche perché lasciano ‘sola’ una o più classi. Che non sempre possono essere sostituite, ancora di più dopo le manovre di risparmio degli ultimi anni. Ad iniziare dalla mancanza di possibilità di supplire gli insegnanti per il primo giorno di scuola, salvo casi particolari che però i presidi difficilmente applicano per il timore di avere rilievi dai revisori de conti. E il personale Ata non è da meno, visto che non può essere sostituito per i primi sette giorni di assenza”.
Durante la puntata del 30 gennaio si è pure parlato di esami di maturità (“non era il caso di introdurre novità importanti, visto che il prossimo anno dovrebbero prendere corpo le nuove prove previste dalla legge delega della 107/15, e anche perché di polemiche la scuola in questo momento ne ha già troppe da gestire”) e di contratto sulla mobilità.
“L’impressione è che siamo entrati di nuovo in una fase do stallo e visto quello che è accaduto lo scorso anno è meglio non avventurarsi in previsioni: stiamo alla finestra e vediamo se alla fine si supereranno gli scogli per la collocazione dei docenti su plessi diversi dello stesso istituto collocati in ambiti diversi e anche quello dell’impossibilità di scegliere la scuola dove si è in servizio, sempre per chi è collocato negli ambiti. Ma soprattutto quello sulla chiamata diretta da parte dei dirigenti, con l’amministrazione che vuole al massimo concedere l’orientamento del Collegio dei Docenti, ma mantenere ai ds i 40 e oltre criteri di scelta. Un punto non marginale – ha concluso Giuliani – perché è su questo che sono rotte le trattative con i sindacati lo scorso luglio”.
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