Uno dei decreti legislativi della Legge 107/15 fa riesplodere le mai sopite polemiche dei docenti laici contro la presenza degli insegnanti di religione nella scuola pubblica: stavolta, a riaccendere gli animi è la probabile innovativa presenza, a partire da quest’anno, dei docenti di religione come “commissari” nell’esame di terza media.
Il decreto legislativo 62/2017 cambia, nei fatti ed in maniera radicale, quanto per anni disposto dal Testo Unico sulla scuola, il decreto legislativo 297/1994, all’articolo 185, che tra le materie d’esame non contemplava la religione cattolica.
Il 62/2017 supera quelle norme del Testo Unico che specificavano le materie d’esame alle quali si riferivano i commissari esaminatori, escludendo di fatto i prof di religione. Con il decreto attuativo della Buona Scuola, invece, non vengono più specificate le materie d’esame e vengono indicati come commissari tutti i docenti della classe.
Nei giorni scorsi ad uscire allo scoperto era stata la Flc-Cgil, sostenendo che agli esami di terza media “il docente di religione non deve partecipare”.
Il 23 maggio ad occuparsene, con una conferenza stampa organizzata a Roma, in via Liberiana, sono state diverse associazioni laiche: dopo avere scritto al Miur (tre settimane fa alla ministra, segreteria della stessa, capogabinetto, dipartimento valutazione) e prodotto un documento-appello, ben 18 associazioni firmatarie hanno chiesto “una Circolare Ministeriale che chiarisca se l’insegnamento della religione cattolica è materia d’esame”.
“E, se non lo è – hanno spiegato -, a che titolo è presente il docente della disciplina e che tutela abbia chi non si avvale in sede d’esame, nel rispetto dei principi costituzionali di libertà di coscienza (articolo 19 della Costituzione) e di libertà educativa dei genitori (articolo 30 della Costituzione)”.
Le associazioni, inoltre, temono che con questa novità si creino “diversi problemi di ordine organizzativo, a partire da un prevedibile rallentamento delle procedure d’esame, considerando il fatto che non di rado i docenti di religione cattolica hanno incarichi anche in tre o quattro scuole, e che i docenti delle attività didattiche e formative, che sono state frequentate da alunni non avvalenti, sono impegnati anche come commissari nelle proprie discipline e che comunque ogni sottocommissione deve operare con la totalità dei suoi componenti”.
Alla conferenza erano presenti alcune associazioni con sede a Roma: Scuola e Costituzione, Scuolarep, Crides, Sostegno attivo, Chiese Evangeliche, Mce, la senatrice Bianca Laura Granato (M5S) e una rappresentante della senatrice Michela Montevecchi (M5S).
Dopo avere illustrato l’appello già inoltrato al Miur, si è affrontato il tema della “facoltatività” dell’insegnamento della religione cattolica, che per le associazioni laiche è “soffocata dalla sua collocazione all’interno dell’orario scolastico obbligatorio e in contrasto con la laicità dello Stato fondato sulla separazione della sfera religiosa, affidata alla libertà di coscienza dal ruolo dello Stato che tutela e difende i diritti civili dei cittadini”.
Anna Angelucci, docente di Italiano e Latino al liceo Pasteur di Roma e presidente del Comitato nazionale “Per la Scuola della Repubblica”, ha introdotto la conferenza ricordando che la scuola fa parte di uno Stato laico, garantisce pari opportunità e persegue il superamento delle differenze, anche religiose, che impediscono l’esercizio di una cittadinanza libera e consapevole: non è possibile accettare alcuna discriminazione”.
Tonino Pellegrino, del Crides, ha ricordato la questione dei crediti scolastici, su cui sono stati dati chiarimenti.
Mino Forleo, di Sostegno Attivo, ha sottolineato la necessità della costante vigilanza, anche giuridica, da parte dei docenti, affinché non passino, surrettiziamente, posizioni illegittime da parte dei docenti di religione e dei DS, ingiuste e discriminanti per gli studenti.
Marcello Vigli, di Scuolarep, ha lanciato una proposta: un incontro con i rappresentanti di diverse religioni per intraprendere un percorso non di Storia delle religioni, ma informazioni del fatto religioso all’interno di percorsi scolastici dedicati a filosofia, geografia, antropologia. Inoltre, ha rilanciato la necessità di un coordinamento con i rappresentanti di tutte le Chiese per la collocazione dell’insegnamento delle religione fuori dell’orario curriculare, come già prevede la proposta di riforma della LIP .
La rappresentante del Mce, dirigente scolastica, ha posto la questione della discriminazione degli studenti che non si avvalgono dell’Irc sotto il profilo pedagogico, sottolineando la grave situazione che si crea nella scuola dell’Infanzia e Primaria quando i bambini vengono letteralmente “portati via dalla classe per svolgere attività diverse da quelle dei loro compagni”. Ha anche sottolineato le difficoltà che gli stessi insegnanti di religione cattolica spesso adducono per impedire l’attivazione e lo svolgimento delle attività alternative.
Infine, la rappresentante delle Chiese Evangeliche si è soffermata sull’importanza della battaglia culturale e politica, da svolgersi nelle sedi parlamentari, sempre per la tutela delle minoranze religiose. Battaglia culturale e politica da preferirsi a quella legale, anche perché molte delle recenti sentenze in materia dei vari tribunali non sono state favorevoli all’applicazione del principio di laicità.
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