La vita (anche scolastica) non si prospetta facile per gli insegnanti e gli studenti che rivendicano una identità di genere differente rispetto a quella di nascita, se ancora, nelle scuole, un ragazzo deve sentirsi chiamare signorina dal suo prof, a dispetto di un regolamento di istituto che prende in carico il tema della disforia di genere introducendo la cosiddetta carriera alias. Accade al liceo Cavour di Roma, dove l’insegnante ha anche contestato il compito del ragazzo, poiché firmato con un nome non corrispondente a quello presente sulla sua carta di identità.
“Davanti a me ho una donna, non posso riferirmi a te diversamente – avrebbe detto l’insegnante – e non mi interessa cosa dice il regolamento”.
Un episodio che ha fatto scalpore, cui è seguito l’intervento della vicepreside a sostegno del ragazzo trans, e la difesa a oltranza dei compagni di scuola, oltre che l’allerta del Gay center. Al riguardo Pietro Turano, attore e attivista della comunità Lgbqt, portavoce del Gay Center difende le carriere alias, definite, nel deserto normativo italiano, uno strumento fondamentale per garantire a migliaia di studenti e studentesse il benessere e il rispetto minimi. “Quello che è accaduto al liceo Cavour – ha aggiunto – è grave e violento. Gay help line ha ricevuto una segnalazione e chiederà immediati chiarimenti”.
Le preoccupazioni dei giovani con disforia di genere si fanno più intense alla luce del fatto che il Governo Meloni non brilli per apertura nei confronti della lotta all’omotransfobia, stando a quanto ritroviamo sul programma della Lega in campagna elettorale, che rivela una vera e propria ossessione gender. Come abbiamo anticipato, infatti, il programma annuncia che in nome di quella che viene definita propaganda gender, nelle scuole si opererà un’attenta opera di monitoraggio su: progetti didattici, percorsi di educazione civica, corsi per docenti, documenti ministeriali sensibili, fino alla recente diffusione della “carriera alias” procedura che introduce il concetto della fluidità di genere e determina una palese forzatura giuridica. Una proposta di controllo sui contenuti didattici che ritroviamo nella sezione Famiglia, istruzione e libertà educativa.
E ancora, nella sezione del programma definita Patto per la Scuola, leggiamo che come forma di contrasto all’ideologia di genere e alla fluidità in più settori della società (scuola, sport, carceri, documenti pubblici) per qualunque proposta educativa inserita nella Domanda di Iscrizione, nel Patto Educativo di Corresponsabilità, nel Piano dell’Offerta Formativa e nelle varie Attività Laboratoriali e/o Progettuali, in particolare per quanto riguarda progetti relativi a bullismo, educazione all’affettività, superamento delle discriminazioni di genere e di orientamento sessuale, pari opportunità, dispersione scolastica, educazione alla cittadinanza e alla legalità e ogni altra iniziativa che coinvolga l’ambito valoriale e dell’educazione sessuale, deve esserci l’esplicito e libero assenso dei genitori o di chi ne fa le veci.