Che fare per la Scuola italiana? Quali le necessità immediate? «Estendere il diritto all’educazione», sottolinea il ministro Bianchi al “Transforming Education Pre-Summit” dell’UNESCO. «È necessaria una reale trasformazione dei sistemi educativi che permetta a tutte le bambine e tutti i bambini l’accesso al diritto all’istruzione». Parole bellissime, per un Paese con metà degli edifici scolastici fatiscenti (56% al sud); con l’abbandono scolastico moltiplicato dalle meraviglie tecnologiche della DaD (da molti esaltata, soprattutto in area governativa); con i docenti meno pagati d’Europa (a parità d’orario e con più carichi di lavoro), e meno degli altri laureati d’Italia.
Tra discredito e irrilevanza sociale, l’affondamento dei docenti
1° luglio: il ministero annuncia trionfalmente il “via libera alla legge di riforma della formazione e del reclutamento dei docenti” (D.L. 30 aprile 2022, n. 36, cui abbiamo dedicato vari articoli). Ma proprio di questo aveva bisogno la Scuola? Eppure una delle principali magagne è il ruolo di irrilevanza sociale e di discredito cui i docenti sono stati relegati negli ultimi 30 anni. Si può parlare di formazione dei docenti prescindendo dalla loro riqualificazione? Si può misconoscere che la Scuola la fanno i docenti? Si può riqualificarli socialmente senza riconoscere la specificità della loro professione (come giustamente si fa per medici, avvocati, magistrati)?
Un organo di autogoverno per i docenti
La riqualificazione postula l’istituzione di un’area contrattuale specifica per il comparto Scuola. I docenti devono avere un proprio organo di autogoverno, che garantisca la deontologia professionale della categoria: perché solo chi insegna sa cosa vuol dire insegnare, come solo chiunque svolga una qualsiasi professione conosce l’essenza e i problemi della professione che svolge.
Quest’organo di autogoverno e di garanzia deve esser costituito da docenti, eletti dai docenti su tutto il territorio nazionale, col compito istituzionale di definire gli standard della professione, sulla base dei quali verificare la fruttuosità dell’insegnamento. A quest’organismo (su base nazionale e regionale) va demandata la formazione (iniziale e continua) dei docenti.
Non è così anche per i giornalisti, e per tutti gli ordini professionali? Perché solo per gli insegnanti (così importanti per la vita futura di qualsiasi nazione) non dev’esser così? Si vuol forse che non siano liberi di pensare liberamente in materia didattica (come Costituzione vuole), diventando invece semplici trasmettitori e ripetitori di una pedagogia di Stato?
Anno sabbatico
Per una formazione seria e dignitosa dei docenti è opportuno istituire un anno sabbatico, retribuito e finalizzato allo studio. All’organo di autogoverno dei docenti va riconosciuta non solo la facoltà di redigere normativa per l’accesso alla docenza e codice deontologico della categoria, ma anche la vigilanza sul rispetto di quest’ultimo da parte dei docenti, nonché la gestione d’ambiti disciplinari e albo professionale.
Ruolo unico docente
Va riconosciuto il contributo dato al funzionamento della Scuola (istituzione di diritto pubblico, non azienda di diritto privato) da tutto il personale non docente. Va riconosciuto il ruolo professionale di tutti gli insegnanti (di ogni ordine e grado), parificandone orario (18 ore settimanali di insegnamento frontale) e retribuzione (a livelli europei) in un ruolo unico docente.
Per riconoscere la specificità della Scuola e della professionalità di chi vi opera, va individuata a parte un’area contrattuale della Scuola, non più sottoposta ai vincoli del D. Lgs. 29/1993 (che mise i docenti delle scuole — non gli universitari — nel Pubblico Impiego, con rapporto di lavoro privatizzato): è questa l’unica possibilità giuridica per riportare i salari dei docenti ai livelli europei (visto che nel Pubblico Impiego, dal 1993, gli aumenti stipendiali non possono superare una percentuale dell’inflazione “programmata”!).
Rilancio degli organi collegiali
30 anni di aziendalizzazione hanno peggiorato la situazione sotto tutti i punti di vista. La cosiddetta “autonomia scolastica” (autonomia autocratica del dirigente scolastico rispetto agli organi collegiali?) ha ridotto l’efficacia dell’istituzione Scuola come ascensore sociale per gli studenti. Bisogna riconoscer l’errore e correre ai ripari: anzitutto rilanciando gli organi collegiali (a partire dal Collegio dei Docenti) e potenziandoli, in modo che le scelte didattiche siano finalizzate esclusivamente alla didattica, e non a logiche concorrenziali da azienda in competizione con altre aziende sul mercato. La valutazione del personale (docente e non) va sottratta alla discrezionalità del dirigente; quest’ultimo non deve sentirsi svincolato — come purtroppo talora accade — dal rispetto dovuto al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, alla titolarità, alle abilitazioni, al mansionario: i quali non sono “lacci e laccioli”, come vuole la vulgata neoliberista, ma garanzie democratiche, oltremodo necessarie in una comunità educante ispirata alla Costituzione.
Tutto il resto — promesse, frasi altisonanti ed enfatiche profferte d’amore per la Scuola — restano quel che sono: chiacchiere, smascherate come tali dalla dura realtà della Scuola di oggi. L’attuale impiegatizia subalternità degli insegnanti sta lì a dimostrarlo.