Categorie: Attualità

Profughi a scuola, si va avanti fra tanti dubbi

Ne sentiremo parlare a lungo del progetto di accogliere i richiedenti asilo nelle scuole in orario scolastico per attività di volontariato, ma anche di presenza in classe. Partito da Vicenza, dove sta suscitando non poche polemiche, potrebbe essere riproposto in tutta Italia.

Trattandosi di una sperimentazione del tutto inedita, da un lato il progetto porterà molta visibilità “politica” alle associazioni e cooperative che lo propongono, di cui i “Corpi civili di pace”sono in prima linea. Ma susciterà anche forti reazioni opposte, di cui finora c’è stata solo qualche avvisaglia.

Dentro la scuola, genitori e docenti sono divisi. Il progetto ha subìto una frenata di riflessione nel primo Istituto in cui è stato proposto. Le famiglie vogliono vederci chiaro ed avere informazioni complete che garantiscano la sicurezza dei ragazzi. Genitori e docenti sono però consapevoli che la scuola potrebbe offrire un contributo importante in termini di educazione e formazione degli extracomunitari che entrano in Italia.

Il  progetto prevede l’inserimento nella comunità scolastica, dove ci sono studenti minorenni, di richiedenti asilo con permesso provvisorio di 6 mesi, che possono cambiare ogni 3 mesi, con scarsissime conoscenze linguistiche, la cui identità e il cui diritto alla protezione sono ancora da verificare. È questo il nodo che suscita perplessità, divisioni, e molti interrogativi.

Prima domanda: È legittimo l’inserimento di richiedenti asilo nelle scuole superiori, sia come “affiancamento” al personale ausiliario, sia come “presenza in classe”, insieme agli studenti minorenni durante l’orario scolastico? Basteranno i “test psicologici” per conoscere e fidarsi di chi entra nelle scuole?

Su questo aspetto, il sindacalista Doriano Zordan, segretario dello Snals di Vicenza, in un precedente articolo ha già osservato che “Il personale della scuola è soggetto in qualsiasi momento e comunque all’atto dell’assunzione a verifiche anche sul casellario giudiziale al fine di accertare se il soggetto che entra nell’ambiente scolastico sia idoneo sotto l’aspetto penale a svolgere una delle mansioni interne alla scuola”. La scuola insomma è, e deve essere, un ambiente protetto. Per i richiedenti asilo invece l’identificazione certa non è ancora acquisita, e la richiesta per il riconoscimento del diritto alla protezione è al vaglio delle commissioni competenti.

Seconda domanda: l’inserimento dei richiedenti asilo nella comunità scolastica, dove ci sono studenti minorenni, corrisponde ai criteri del Ministero dell’Interno del 27/11/2014? La Circolare in questione indica i criteri per le attività di volontariato che possono essere svolte dai migranti, allo scopo di non lasciarli inattivi per mesi, cosa che influisce negativamente sull’opinione pubblica e sul tessuto sociale ospitante. Negli ultimi tempi, numerosi Protocolli d’intesa sono stati sottoscritti fra prefetture, enti locali e parti sociali, fra cui talvolta anche i sindacati Cgil, Cisl e Uil. Si tratta di lavori socialmente utili, che non richiedono particolari qualifiche, ma solo una “formazione adeguata” (pulizia di strade e sentieri, parchi e giardini pubblici, o piccoli lavori di manutenzione in edifici pubblici). Mai prima d’ora si era presa in considerazione l’idea di inserirli nella scuola con le normali attività didattiche in corso e la presenza di studenti minorenni da tutelare.

Terza domanda: è opportuno forzare la mano, in un terreno così delicato come la scuola, con progetti che sicuramente creeranno reazioni e divisioni? Lo stesso sindaco di Vicenza (Comune partner nel Protocollo di Intesa di cui si discute) ha espresso delle perplessità osservando che “sarebbe un grave errore se il progetto di integrazione non venisse sostenuto da un’ampia condivisione e se, al contrario, creasse spaccature e dividesse il mondo della scuola fra favorevoli e contrari: rischierebbe di compromettere sul nascere il risultato, creando problemi invece di risolverli”. Chi potrebbe dare le coordinate di base sulla fattibilità del progetto è l’Ufficio scolastico regionale, che finora non si è espresso.

Cosa è stato fatto finora in Italia? L’organizzazione di momenti di incontro profughi-studenti, a scopo conoscitivo e di sensibilizzazione sulle problematiche migratorie, non è una novità. Ma si tratta di momenti di incontro ben organizzati e filtrati, e non di attività quotidiana nelle scuole o di presenza in classe a fianco di studenti minorenni. Anche l’accoglienza  di adulti a scuola in attività di volontariato non è una novità. Anzi è già stata già sperimentata in altre realtà locali, in cui questi volontari hanno offerto una risorsa aggiuntiva a costo zero a vantaggio di alcune attività previste nel Pof, ma si tratta di persone qualificate e con competenze accertate.  

Anna Maria Bellesia

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