Se non fosse che la proposta arriva direttamente dal ministro dell’Istruzione Francesco Profumo e cioè da un’altissima carica istituzione della Repubblica, l’idea di “sperimentare” l’abbreviamento di un anno del percorso di studi non meriterebbe neppure due righe sugli organi di stampa.
Si tratta di una proposta talmente approssimativa e abborracciata che non varrebbe la pena discuterne più di tanto.
Ma l’idea è del Ministro, cioè di un rappresentante del Governo e allora il discorso cambia.
Ora, è bene chiarire: non si tratta di essere pregiudizialmente contrari ad abbreviare il percorso di studi di un anno: su questa ipotesi si può essere favorevoli o contrari ma credo che varrebbe comunque la pena aprire un ampio confronto politico e soprattutto culturale.
Ma la proposta del Ministro è di tutt’altro genere.
A quanto riportano le cronache Francesco Profumo ha in mente una sorta di “sperimentazione” molto ampia e diversificata: anticipare l’obbligo scolastico a 5 anni, oppure ridurre di un anno la scuola primaria (tra la classe IV e la classe V), eliminare un anno di secondaria di 1° grado oppure ancora ridurre di un anno la scuola secondaria di 2° grado.
Cercando di interpretare le dichiarazioni del Ministro c’è da pensare che l’idea sia quella di “lanciare” un piano nazionale per incentivare la sperimentazione che dovrebbe però essere gestita dalle singole autonomie scolastiche.
In pratica ciascuna scuola potrebbe “autorizzare” gruppi di alunni a “saltare” un anno scolastico, magari previo un accertamento delle competenze acquisite.
Se così fosse il risparmio di sistema sarebbe tutto da dimostrare: è difficile pensare che il “salto” di classe di piccoli numeri di alunni in ogni scuola possa, in ciascuna scuola, determinare la diminuzione di classi. Senza contare che difficilmente le scuole autorizzeranno gruppi consistenti di alunni a saltare una classe se questo dovesse comportare la perdita di classi e quindi di posti e di insegnanti
C’è però una alternativa: la scuola che aderisce alla sperimentazione deve necessariamente estenderla ad almeno una classe. E’ ovvio che questo comporterebbe la “sparizione” di una classe; credo che in un caso del genere le scuole aderenti si conterebbero (forse) sulle dita di una mano.
La strada apparentemente meno dolorosa sembrerebbe quella di anticipare l’obbligo a 5 anni.
Ma anche questa soluzione presenta ostacoli non da poco: come fare a garantire l’assolvimento dell’obbligo all’interno della scuola dell’infanzia dove molto spesso, per ragioni numeriche, le sezioni sono formate con bambini di età diverse ?
A quali insegnanti verrebbero affidati i bambini di 5 anni ? se fossero assegnati a insegnanti di primaria è del tutto evidente che si determinerebbe una eccedenza di docenti di scuola dell’infanzia che verrebbero collocati in soprannumero.
E poi c’è una questione strutturale: che faranno i bambini che anticipano l’obbligo scolastico ? L’anno successivo verebbero iscritti alla seconda classe della primaria ? Ma se così fosse quei bambini continuerebbe a stare a scuola per 13 anni se il modello continuasse ad essere del tipo 5+3+5 !
Insomma, non mi pare proprio che l’idea di Profumo possa riscuotere molto interesse all’interno delle scuole. Forse il Ministro spera di trovare il sostegno dei dirigenti scolastici, ma dimentica che i d.s. devono poi fare direttamente i conti con gli organi collegiali e con le rappresentanze sindacali.
Idee assai meno dolorose e forse persino interessanti sul piano pedagogico e organizzativo (il famoso “concorsone” di Berlinguer, tutor e portfolio della Moratti, per esempio) sono state osteggiate con scioperi di massa.
A meno che il ministro Profumo non abbia già scoperto una pozione magica che possa indurre i tacchini a presentarsi spontaneamente nelle cucine e gli insegnanti italiani a offrirsi come soprannumerari per il bene della patria (o dell’Europa).
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