I lettori ci scrivono

Progredire nell’ignoranza?

E’ di questi giorni la notizia che il 56% delle famiglie ha iscritto i propri figli, licenziati dalla scuola media inferiore, ai LICEI.

Ragioniamoci un po’ su. Per me il 40% di questi 56% non sa niente di cultura scolastica, per dirla in termini colti; per dirlo in termini normali, il 40% dei 56%, non sa niente di niente, non ha appreso nulla o poco più.

Dalle discussioni che faccio con le mie figlie docenti, una alla primaria e l’altra alla secondaria di I grado, i ragazzi non studiano più niente. Ai miei tempi, si diceva che una classe poteva essere divisa tra un buon 40% che seguiva con profitto (profitto?, sto usando un termine ormai bandito dalla terminologia scolastica, dalla concezione della vita scolastica), un altro 30% che seguiva così, così, e il resto che stava in classe per dovere socio- familiare, e che andava come doveva andare.

Oggi le percentuali sono nettamente migliorate (?), perché quelli che seguono, i profittevoli, si sono ridotti a un 15%, quelli che appena fanno qualcosa sono il 35%, quelli che non fanno niente, che non sanno niente, che non vogliono sapere niente e non sanno nemmeno perché sono a scuola, sono il resto.

Cioè, sono migliorate le percentuali dei non profittevoli e nettamente le percentuali di quelli che se potessero, non farebbero nemmeno, quel niente che fanno. Sono migliorate le posizioni negative! Sempre miglioramento è. Ironia delle parole e dei concetti. In questa situazione si può solo scherzare.

Riflettiamo: non si può bocciare nessuno, perché se bocciamo, o meglio: non ammettiamo alla classe successiva, (io sono rimasto retrogrado, uso ancora termini vecchi, della vecchia scuola) diamo dimostrazione di non avere ancora studiato e se studiato, di non aver compreso nulla della pedagogia dell’inclusione che dice di non escludere nessuno, ma di includere tutti; bella pedagogia se parliamo di povertà materiale, sociale, di cure mediche, di lavoro, di malattie, ecc.

E adesso ci inventiamo anche la pedagogia e didattica delle competenze non cognitive, tutto al di fuori di apprendere a memoria le tabelline e cioè, ad esempio, la capacità di gestire le emozioni, la gestione dello stress, la comunicazione efficace, l’empatia, il pensiero creativo e quello critico, la capacità di prendere decisioni e quella di risolvere problemi (il problem solving). Sì. Ma non mettiamo di mezzo la soluzione di un’espressione aritmetica, il concetto di addendo, ecc. cioè la padronanza dell’uso dei numeri, l’uso corretto degli ausiliari quando accompagnano gli altri verbi, in particolare l’uso dell’h nelle parole o, ai, anno, ecc.

Va be’, il 56% si iscriverà ai licei, e il 55,5% ne uscirà con il diploma. Poi non lamentiamoci che mancano i medici bravi, gli ingegneri bravi, ecc.

Mi viene da pensare che c’è una specie di virus che prende di mira la materia grigia dei nostri alunni e impedisce loro di usare correttamente lo sviluppo cerebrale nel senso del progredire per tappe di conoscenze nell’apprendimento delle migliori forme di comprensione della vita umana, cioè delle sue basi fondamentali degli apprendimenti cognitivi competenti a vivere la migliore vita umana possibile ricca di conoscenze che di ignoranze.

Certo che progredire nella conoscenza è difficile, duro, ma ce la si può fare con un po’ di buona volontà; progredire nell’ignoranza è la cosa più facile di questo mondo, non ha bisogno di sforzi cerebrali nel senso di applicazioni pensose, nel senso di far fare esercitazioni al cervello, come si fa fare esercitazioni ai muscoli, se no non si sta in piedi. Forse c’è qualcosa che non va in tutto ciò, ma non preoccupiamoci, basta mettere la testa sotto le ali e tutto scompare.

Giovanni Cappuccio

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