In questi ultimi anni sulla progressione di carriera dei docenti e del personale Ata sono state fatte alcune modifiche, l’ultima è quella sulle novità della ricostruzione di carriera dei docenti, che hanno modificato l’assetto degli scatti stipendiali. Anche la questione tanto dibattuta dell’anno 2013, cancellato ai fini della progressione di carriera, rientra nelle norme legislative che hanno avuto un gravoso impatto sugli stipendi di docenti e personale Ata. Sull’argomento interviene l’Associazione Nazionale Docenti (AND) a fare una proposta sulla revisione globale delle classi stipendiali.
Come sono attualmente gli scatti stipendiali
Le classi stipendiali dei docenti sono 6, la prima classe indicata con “0” è quella che va da 0 ad 8, la seconda è quella che va da 9 a 14 e si indica nel cedolino con 9, la terza va da 15 a 20 e si indica con 15, la quarta va da 21 a 27 e si indica con 21, poi c’è la classe stipendiale 28 che va da 28 a 34 anni ed infine c’è la sesta ed ultima classe che è la 35 fino alla pensione. Le fasce stipendiali per il personale Ata, collaboratori scolastici e assistenti amministrtivi/tecnici, sono le stesse del personale docente. Quindi anche il personale Ata ha 6 fasce: fascia “0” da 0 a 8; fascia “9” da 9 a 14; fascia “15” da 15 a 20; fascia “21” da 21 a 27; fascia “28” che va da 28 a 34; fascia 35 che va da 35 fino alla pensione.
C’è da ricordare che con l’art.2 del CCNL scuola del 4 agosto 2011, sono state rimodulate le posizioni stipendiali dei docenti e del personale Ata. La prima classe stipendiale per i docenti era la classe “0” che andava da 0 a 2, poi si entrava nella classe “3” che andava da 3 ad 8 anni di carriera. Con il suddetto art.2 del CCNL del 4 agosto 2011, la classe stipendiale “0” e quella “3” sono state accorpate nella “0” che, come ancora adesso, parte da 0 ad 8 anni di carriera, quindi il primo scatto stipendiale avviene dopo 9 anni.
Il blocco di progressione carriera del 2013
È utile fare un excursus normativo sul blocco dell’avanzamento stipendiale del personale scolastico, per capire come l’anno 2013 non sia, a tutt’oggi, valido per il riconoscimento della progressione di carriera. Bisogna specificare che con il decreto legge n.78 del 31 maggio 2010, convertito in legge n.122 del 30 luglio 2010, è stato disposto, ai sensi dell’art.9, il blocco degli stipendi per il personale del pubblico impiego negli anni 2011, 2012 e 2013, prevedendo anche il blocco delle progressioni di anzianità, con il mancato riconoscimento ai fini economici della progressione stipendiale degli anni 2011 e 2012. Tali provvedimenti erano stati assunti dal Governo Berlusconi prima che, a causa di una spaventosa crisi economica dell’estate 2011 con lo spread oltre 500, accadde la caduta del Governo e l’arrivo a Palazzo Chigi del Presidente Monti.
Dopo un periodo di Governo Monti, con il DPR 122/2013, entrato in vigore il 9 novembre 2013 e disposto dal Governo Letta venne prorogata al 31 dicembre 2013 il blocco degli automatismi stipendiali per tutto il personale scolastico, circostanza che determinò la proroga, di un anno, delle classi stipendiali e degli scatti di anzianità, con decorrenza dal 2 gennaio 2013. Questa sventurata disposizione, applicata per dare seguito all’articolo 16, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, creò, di fatto, lo slittamento di un anno della progressione di carriera e quindi della classe stipendiale di appartenenza . È molto utile sapere che per il succitato DPR 122/2013, era stato prorogato fino al 31 dicembre 2014 il blocco della contrattazione e quindi degli scatti stipendiali, ma a tal proposito era intervenuta, a restituire “giustizia”, la Corte Costituzionale.
Poi l’accordo tra sindacati e ARAN del 13 marzo 2013 ha previsto, grazie all’economie accertate, il recupero dell’anno 2011. Per ultimo l’accordo del 7 agosto 2014, firmato da CISL Scuola, UIL Scuola, Snals e Gilda, ha permesso di recuperare l’anzianità maturata, ai fini economici, nell’anno 2012. Mentre per l’anno 2013 non si è più intervenuti al suo recupero della validità come progressione della carriera.
Proposta dell’AND sugli scatti stipendiali
L’Associazione Nazionale Docenti ha lanciato una raccolta di firme a supporto della proposta di modifica della progressione stipendiale del personale della scuola attualmente in vigore, finalizzata a ridurre gli intervalli di tempo di attesa per maturare il passaggio da una fascia a quelle successive.
L’iniziativa vuole apportare benefici economici, gratificazioni e dignità professionale per tutto il personale scolastico, attraverso una migliore distribuzione retributiva durante tutto il corso della carriera, senza dover attendere il traguardo dei 35 anni di servizio per ottenere la fascia stipendiale più alta. Traguardo, quest’ultimo, che spesso molti docenti non riescono neanche a raggiungere, per cause riconducibili in parte anche alle dinamiche complesse del vigente sistema di reclutamento e immissione in ruolo.
Ma al di là di tali considerazioni oggettive, la riforma proposta è divenuta ormai una necessità, alla luce dei cambiamenti socio-economici determinatisi negli ultimi decenni, che pongono di fronte ai docenti sfide nuove e complesse, legate proprio alla funzione esercitata e alle pressanti sollecitazioni che quotidianamente rendono sempre più gravoso il carico di lavoro da sopportare.
Nel merito la proposta di riforma prevede che per il raggiungimento della fascia massima si maturi un periodo complessivo di 25 anni di servizio, contro gli attuali 35, secondo la seguente articolazione:
Fascia 0: da 0 a 4 anni (4 anni)
Fascia 5: da 5 a 9 anni (5 anni)
Fascia 10: da 10 a 14 anni (5 anni)
Fascia 15: da 15 a 19 anni (5 anni)
Fascia 20: da 20 a 24 anni (5 anni)
Fascia 25: da 25 anni a fine servizio (restante servizio).
Oltre alla petizione online, che sta riscuotendo grande attenzione e consensi, l’AND organizzerà già dalle prossime settimane una serie di iniziative di confronto e approfondimento entrando nel merito degli aspetti tecnico-giuridici e finanziari, con l’obiettivo di trovare il più ampio consenso sociale, sindacale e politico, per fare in modo che questa proposta possa tradursi in realtà e ottenga la modifica dell’attuale impianto normativo.