Sono passati oltre dieci anni, ma le polemiche sulla mancata considerazione dell’anno 2013 nella progressione di carriera non si sono mai sopite.
Come si ricorderà, ai tempi della spending review, con decreto legge n.78/2010 (art. 9, comma 23) fu stabilito che “Per il personale docente, Amministrativo, Tecnico ed Ausiliario (A.T.A.) della Scuola, gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti“.
Con D.P.R. n. 122 del 4 settembre 2013, tali disposizioni venivano prorogate fino al 31 dicembre 2013.
Negli anni successivi, i sindacati, dimostrato “conti alla mano” che a seguito dei tagli sugli organici il Ministero aveva realizzato consistenti risparmi, ottenevano che le economie di spesa fossero reimpiegate ai fini della valutazione degli anni di servizio.
Dopo la certificazione della Ragioneria dello Stato, fu così possibile il recupero degli anni scolastici 2010, 2011, 2012.
Per qualche imperscrutabile ragione, analoga sorte non toccò al 2013, del quale non si tiene alcun conto ai fini della maturazione dell’anzianità di servizio.
Il personale scolastico continua ancora oggi a chiedersi per quale motivo – pur avendo prestato regolare servizio- tale annualità non possa essere computata ai fini della ricostruzione e dell’avanzamento di carriera.
Negli ultimi anni tali doglianze sono sfociati nelle aule giudiziarie.
Il Tribunale di Marsala, con sentenza n. 104/2023 del 21 febbraio 2023, accoglieva il primo ricorso, in considerazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 178/2015 che aveva dichiarato costituzionalmente illegittimo il blocco della contrattazione nel pubblico impiego.
Proprio in questi giorni, sulla questione si è pronunciata la Corte d’Appello di Firenze con sentenza n. 66 del 30 gennaio 2024, dichiarando il diritto al riconoscimento dell’anno 2013.
Le motivazioni saranno rese note nei prossimi giorni.
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