Ultima venne la promessa di “aumenti a tre cifre” per le retribuzioni dei docenti italiani del ministro Bussetti, di quello che avrebbe dovuto essere il “governo del cambiamento”: abbiamo visto – è cronaca di questi giorni – come sia andata a finire. Destino cinico e baro.
Ma la materia è da sempre fonte di ispirazione: i precedenti illustri, rigorosamente bipartisan, si sprecano, esempi di involontario umorismo.
“Credo che quella dell’insegnante dovrebbe essere una delle professionalità maggiormente pagate di questo Paese perché hanno in mano il destino dello stesso. Dovrebbero percepire almeno il doppio di quello che prendono ora.” (V. Fedeli, ministra dell’Istruzione esecutivo Gentiloni, 30 giugno 2017)
“Mi pare che i margini per un aumento della base stipendiale ci siano e allora sarò io la prima che farà battaglia.” (S. Giannini, ministra dell’Istruzione esecutivo Renzi, 5 agosto 2016)
“Stiamo lavorando sia sul personale Ata che sugli insegnanti proprio in queste ore. Fino a pochi minuti fa eravamo insieme, staff del Miur e del Mef, per lavorare su questi temi. La crisi è superata, i lavoratori del comparto scuola possono stare tranquilli, ora dobbiamo lavorare sul futuro.” (M.C. Carrozza, ministra dell’Istruzione esecutivo Letta, 8 gennaio 2014)
“I docenti non hanno stipendi corretti, non sono confrontabili con quelli di altri Paesi.” (F. Profumo, ministro dell’Istruzione esecutivo Monti, 19 febbraio 2012)
“Questa legislatura deve vedere uno sforzo unanime nel far sì che gli stipendi degli insegnanti siano adeguati alla media Ocse.” (M.S. Gelmini, ministra dell’Istruzione esecutivo Berlusconi, 10 giugno 2008)
Ora anche Lei, neoministro Fioramonti, giustamente dice la sua: “Gli insegnanti devono essere rimessi al centro della narrazione del paese, l’insegnante deve essere visto come figura centrale nello sviluppo del paese, ridandogli dignità nel ruolo sociale e nel trattamento economico”.
Ho il sospetto che i docenti italiani, che appartengono al comparto della Pubblica Amministrazione meno retribuito in assoluto (non lo dico io, ma la Ragioneria Generale dello Stato, cui lei come ministro potrà certo chiedere conferma diretta), non credano più ad alcuna promessa.
Dunque, solo una preghiera: vuole “ridarci dignità”?
Il primo passo sia quello di non prenderci in giro con promesse che non saranno mantenute. A queste abbiamo fatto l’abitudine.
Il secondo passo? Semplicemente, trovi le risorse, già dalla legge di bilancio dei prossimi mesi, per recuperare l’anno “perduto” (2013) con il blocco stipendiale stabilito dal DPR 122/13 (pro memoria: il presidente del Consiglio era Enrico Letta, del Partito Democratico). Un blocco forse ormai dimenticato anche dalle organizzazioni sindacali, con il quale i già ricchi lavoratori della scuola hanno perso e continueranno a perdere migliaia di euro.
Per una volta, sarebbe un fatto, non una promessa: non aumenti mirabolanti (i docenti sanno bene che in Italia gli stipendi sono “europei” solo per ben determinate categorie) ma, semplicemente, la restituzione di quanto dovuto.
I docenti, ne stia certo, ne rimarrebbero sbalorditi.
Ivan Cervesato