A scuola con lo zaino degli Alpini, o con quello della Brigata paracadutisti “Folgore” (istituita nel 1938 dallo Stato fascista alla vigilia del più spaventoso conflitto della storia, cui la Folgore partecipò). L’iniziativa commerciale, pubblicizzata la scorsa estate dall’azienda (Giochi Preziosi) che produceva gli zaini griffati Esercito Italiano, si prefigurava come redditizia. La campagna pubblicitaria è stata però presto ritirata, grazie alla mobilitazione di varie associazioni antimilitariste, in primis l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole, costituitosi un anno fa per iniziativa di Mosaico di pace (rivista di Pax Christi).
Il fenomeno dura da quasi 20 anni, a prescindere dal colore politico del governo in carica: lenta ma inesorabile, l’ideologia militare penetra nelle scuole. Lo denunciano anche associazioni cattoliche (come appunto Pax Christi); secondo la quale aziende produttrici di armamenti (come Leonardo SpA) si insinuerebbero nei percorsi formativi, educando i ragazzi all’idea della normalità e della legittimità della guerra per risolvere problemi. Concetto, questo, che stride terribilmente con le parole dell’articolo 11 della Costituzione, secondo il quale «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».
Come si concilia tale norma costituzionale con lo sdoganamento dell’ideologia militare e delle armi all’interno delle scuole pubbliche (chiamate insegnare educazione civica e rispetto della Costituzione)?
«L’esercito è utile anche in caso di calamità naturali», dirà qualcuno. Vero: ma, per fronteggiare le medesime calamità, non sarebbe forse preferibile investire miliardi su Vigili del Fuoco e Protezione Civile, anziché in armamenti ipertecnologici (che niente hanno a che fare con la protezione dei cittadini dai disastri naturali)? Costerebbe sicuramente meno, ed impiegherebbe personale preparato solo a salvare vite umane, e non anche ad ucciderle. Perché la guerra — assurdo doverlo ancora ribadire — è distruzione, assassinio, sterminio. Lo è sempre stato, ma lo è ancor più dalla guerra di secessione americana a due guerre mondiali, da due bombe atomiche su città inermi alle gesta di Putin e Netanyahu.
Come segnala la rivista dei missionari comboniani Nigrizia, la conquista della Scuola da parte dei militari cominciò nel 2005, quando, abolito il servizio militare di leva, si cominciò a pensare di propagandare tra i giovani l’arruolamento volontario nell’esercito professionale che si andava creando.
Tuttavia il salto di qualità — nelle operazioni volte a espugnare la Scuola (destinata all’istruzione pubblica) — si ebbe tra 2014 e 2018, centenario della prima guerra mondiale. Finite le celebrazioni (non scevre, talora, da patente e vieto nazionalismo), l’occasione fu data dal PCTO (ex “alternanza scuola-lavoro”): ne parlammo in vari nostri articoli. Nel 2019 l’Ufficio Scolastico Regionale della Sicilia siglò un accordo con l’Esercito per lasciare che alcune decine di studenti potessero lavorare (non retribuiti) in caserme della brigata “Aosta”.
Nel frattempo la multinazionale italiana Leonardo S.p.A. (ex Finmeccanica S.p.A.), massimo produttore di armi dell’Unione Europea e dodicesimo del pianeta, dimostrava il proprio interesse per Scuola e Università fondando (nel 2021) la Fondazione Med-Or, per «promuovere attività culturali, di ricerca e formazione scientifica», di cui fanno parte “docenti e una quindicina di rettori delle maggiori università italiane”: “Med-Or” sta per “Medio Oriente”, perché si propone di «rafforzare i legami, gli scambi e i rapporti internazionali tra l’Italia e i Paesi dell’area del Mediterraneo allargato fino al Sahel, Corno d’Africa e Mar Rosso (“Med”) e del Medio ed Estremo Oriente (“Or”)».
L’attenzione dell’industria bellica e del mondo militare per l’istruzione italiana non è episodica, ma strutturale; come non lo è, peraltro, lo zelo di tutto il mondo industriale almeno da un trentennio.
Qualche domanda però è necessario porsela. Tutto ciò che si fa a scuola forma la coscienza dei futuri cittadini, sensibilissimi nel cogliere, al di là delle parole e dei proclami, la sostanza dei comportamenti degli adulti. Per cui, se gli adulti parlano di pace ma propagandano la guerra (o la lasciano propagandare), difficilmente il risultato sarà una generazione orientata alla pace ed alla civile convivenza.
Infatti negli Stati Uniti, ove le armi si comprano al supermercato e fanno quasi parte del folclore nazionale, le stragi all’interno della scuole sono all’ordine del giorno: ben otto le più sanguinose, verificatesi dal 1927 in poi (metà delle quali dal 2015 al marzo 2023), per un totale di 185 morti e 151 feriti (una media di 3,5 vittime all’anno).
Siamo arrivati al punto che nel maggio 2023 in Michigan sono stati vietati gli zaini (persino se trasparenti) scuola, perché potrebbero contenere armi. In Tennessee un colpo di pistola partito dallo zaino di un alunno ha ferito una docente, e molti casi analoghi stanno capitando (tanto che quasi non fanno più notizia).
È questo un modello desiderabile per la Scuola italiana? Siamo davvero disposti a lasciare che la Scuola dia spazio all’idea della violenza e della guerra come soluzioni ai problemi presenti e futuri? Siamo sicuri di voler assecondare la corsa del mondo verso una sempre meno improbabile catastrofe bellica mondiale (che probabilmente segnerebbe la fine della specie umana)?
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