Non avrebbe mai immaginato nemmeno il suo promotore, il senatore Giorgio Rosario Costa (Pdl), che il D.dl.L. 408, avesse fatto tanto discutere a due anni di distanza dalla sua presentazione in Senato. Il 24 maggio è stato un susseguirsi di commenti. In prevalenza fortemente critici. Soprattutto perché, non si è capito se volutamente, nel progetto di legge si è ignorato un dato fondamentale: la competenza primaria delle Regioni, nella formulazione dei calendari scolastici.
Un dato, evidentemente, sfuggito anche al ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, che intervistata da Sky Tg24, ha spiegato che di essere “molto aperta su questo” tema. Per poi aggiungere che “il nostro Paese vive di turismo e a settembre si possono avere migliori opportunità economiche per le vacanze“. La posizione del responsabile del Miur è stata accolta con qualche riserva anche dai pochi che si sono dichiarati favorevoli: il ministro del Turismo, Michela Vittoria Brambilla ha detto che l’idea sarebbe “utile per il turismo”, a patto che venga valutata “con attenzione”, soprattutto riguardo alle esigenze dei genitori che lavorano. Mentre il presidente di Confturismo Bernabò Bocca ha detto di promuoverla, però solo se verrà “esaminata nei dettagli” per evitare che si risolva in “un incentivo ai turisti italiani di viaggiare all’estero”.
Molte più critiche sono giunte dalla Lega, che attraverso la senatrice Irene Aderenti ha prima sottolineato che “la direttiva europea prevede 200 giorni va rispettata” e poi aggiunto che “estendere questa proposta a tutto il territorio nazionale significa mettere in difficoltà le famiglie e i lavoratori dipendenti, perché alla fine di agosto la maggior parte iniziano il lavoro. E dove mettono i bambini?”.
Contrario anche il Pd:Manuela Ghizzoni, componente della commissione Cultura della Camera, ha puntato il dito sul “fatto che si parli di slittamento dell`inizio e non della fine”; questo “ci fa pensare che si voglia ridurre l`offerta formativa. Sarebbe una scelta fuori da ogni logica e le aperture del ministro dimostrano che per questo governo la scuola non è una priorità, è seconda anche al turismo”. Altrettanto duro è stato Fabio Evangelisti, vicepresidente del gruppo Idv alla Camera: “il ministro Gelmini – ha detto – è come Maria Antonietta che al popolo affamato diceva di offrire brioches. Il mondo della scuola pubblica è sul lastrico, con i genitori che sono costretti a pagare addirittura la carta igienica, e il ministro si dice favorevole al posticipo dell`anno scolastico”.
Molte le riserve espresse pure a livello sindacale. Di fronte all’eventualità di slittamento ad ottobre dell’inizio dell’anno scolastico, i sindacati della scuola rispondono tutti con un secco no: dopo le perplessità di Mimmo Pantaleo, leader Flc Cgil (“mentre è del tutto misteriosa la sua origine, se approvato il ddl accorcerebbe ulteriormente il tempo dell’apprendimento dei giovani e produrrebbe gravi disagi nelle famiglie”) e Uil scuola, anche se quest’ultima aveva ammesso tramite il suo segretario Massimo Di Menna che “l’idea non è poi così malvagia”, sono giunte come macigni le parole della Cisl Scuola e della Gilda. La prima, tramite il segretario, Francesco Scrima, ha detto che “se davvero si è convinti che, in un momento di crisi e di grande difficoltà per il paese, l’istruzione e la formazione siano leve strategiche per sostenere la ripresa e lo sviluppo, ben altre devono essere le priorità e le attenzioni del mondo politico e non quella della data di inizio dell’anno scolastico”. Negativo anche il commento di Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda: “con la scuola pubblica statale – ha spiegato il leader del sindacato autonomo dei docenti – vittima di tagli pesantissimi, non ha alcun senso aprire un dibattito sulla possibilità di posticipare l’inizio dell’anno”. Duro il giudizio di Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi: “cambiare pesantemente il calendario scolastico – sottolineato Rembado – è una decisione che andrebbe lasciata all’autonomia dei singoli istituti e delle regioni, ognuna delle quali necessita chiaramente di tempi ed esigenze diverse. Decidere per tutti, indistintamente, sarebbe una scelta inopportuna ed antistorica”. Senza dimenticare “che già oggi la maggior parte delle scuole non riesce a portare a termine il tetto minimo dei 200 giorni” previsto dal decreto legislativo 297/94.
Preoccupati gli studenti: “E ora – ha detto il coordinatore della Rete, Sofia Sabatino – hanno il coraggio pure di venirci a dire che in Italia non si fa turismo per colpa dell’apertura delle scuole? Vogliono veramente farci credere che qualche turista in più sia più importante di portare a compimento le ore di lezione che per legge una scuola deve raggiungere?“. Dello stesso parere Stefano Vitale, dell’Unione degli Studenti, secondo cui “nonostante la visibilità mediatica che sta riscuotendo”, rimane il fatto che “qualcuno si è scordato che ormai sono le regioni a decidere sui calendari scolastici, e le singole istituzioni scolastiche possono ulteriormente adattare i calendari alle esigenze della comunità scolastica e del territorio”. Senza dimenticare, ha concluso Vitale, che è tutto da dimostrazione che “iniziare le lezioni un mese più tardi possa favorire il turismo, occorrerebbe ridisegnare l’intero calendario lavorativo e non solo quello scolastico. Altrimenti, oltre a non favorire il turismo si creerebbe un ulteriore problema alle famiglie, che non saprebbero a chi affidare i propri figli più piccoli negli orari di lavoro”.