Sono docente di scuola media dal 1985. La musica è il mio campo.
Negli anni ho vissuto numerosi tentativi di svecchiamento della scuola dell’obbligo. Ogni nuovo ministro ha voluto varare riforme epocali, irrinunciabili, che duravano giusto l’avvicendarsi col Governo successivo. All’inizio c’erano le pagelle, poi le più moderne schede manoscritte: dapprima in semplice esemplare, poi in duplice e quindi in triplice copia. I più circonlocutori giudizi letterali hanno sostituito i voti espressi in decimi, quindi siamo passati alle lettere (A,B,C,D,E) e nuovamente ai numeri. C’è stata l’epoca del portfolio delle competenze, l’epoca dei teoremi educativi e quella dei corsi di formazione, sempre straordinari, emergenziali, retribuiti con la promessa del passaggio di “gradino”, divenuto poi “gradone”. Ed ecco l’invenzione del certificato di credito formativo utile (?) alla progressione di carriera e stipendiale.
Mentre dibattevamo su bizantinismi lessicali a cambiare è stata la società, quella civile, della gente normale.
Da qualche lustro le classi, sempre più numerose, si compongono di studenti appartenenti a famiglie eterogenee per provenienza, lingua, tradizioni e aspettative.
Di fronte ad una popolazione completamente mutata, l’istituzione scolastica continua a reggersi su fondamenti enucleati mezzo secolo fa, un’era geologica.
E’ urgente avviare un dibattito che coinvolga famiglie, operatori sociali, insegnanti e quanti hanno a cuore la costituzione di una scuola nuova, performante, al passo coi tempi. Un confronto dal quale potranno emergere proposte concrete da affidare all’attenzione dei nostri rappresentanti politici e istituzionali.
Formulo una proposta da cui partire: diversificare quota parte delle materie di studio, prevedendo per talune discipline la creazione di gruppi di approfondimento per classi aperte. Passare da una struttura definita aprioristicamente, dove gli insegnamenti sono impartiti (ma non recepiti) uguali per tutti, ad una organizzazione dinamica, flessibile, per moduli formativi da comporre in base ad una omogeneità d’interesse espressa dagli stessi studenti in relazione al percorso di studio e alla professionalità che intendono conseguire.
Il 27 maggio 1923 giusto un secolo fa, nasceva don Lorenzo Milani.
Nella sua Lettera a una professoressa si legge: “Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”.
Elio Piovesana
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