Il 4 dicembre in molte scuole d’Italia i ragazzi non vanno a scuola in segno di protesta contro la teoria gender.
L’associazione Generazione famiglia ha deciso di protestare con un atto simbolico che lo stesso Filippo Savarese, portavoce degli organizzatori, definisce “clamoroso e grave”.
Le famiglie delle associazioni “Provita Onlus“, “Voglio la mamma” e “Giuristi per la vita” con Generazione famiglia, per far sentire la loro voce al ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, hanno scelto di far fare ai loro figli un giorno di assenza. L’hanno chiamata Giornata nazionale per il diritto di priorità educativa della famiglia per affermare “il principio supremo e universale per cui i genitori hanno il diritto originario di scegliere l’impostazione generale dell’educazione dei propri figli, messo seriamente in dubbio, o addirittura già apertamente contestato”.
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A spiegare a Il Fatto Quotidiano la questione è lo stesso Savarese: “E’ un gesto simbolico importante ma necessario per dare sostegno alla nostra richiesta di incontro con il ministro. Vogliamo vederla per sottoporle alcuni casi concreti che sono accaduti nelle scuole in cui si sono affrontati temi e discorsi che sono ben diversi da quelli che il ministero ci assicura. Abbiamo già richiesto alla Giannini un incontro ma non abbiamo avuto risposta: nessuno di noi vuole delegittimare le istituzioni, siamo costretti ad usare questa forma di manifestazione per farci ascoltare. Abbiamo invitato le famiglie anche ad inviare una lettera in viale Trastevere“.
Nella missiva, precisa Il Fatto, le associazioni anti-gender scrivono: “Pur tentando, a prima vista, di assicurare l’ancoraggio del concetto di genere alla dualità complementare maschile-femminile, il Miur non ha mostrato di sapere (o volere) prendere davvero in considerazione le preoccupazioni delle famiglie, timori legati al fatto che le presunte interpretazioni autentiche ministeriali non hanno eco e tantomeno valore vincolante al livello scolastico territoriale e periferico, dove si continua ad essere in balia del monopolio culturale con cui associazioni Lgbt impongono ai nostri figli e nipoti visioni sulla sessualità ascientifiche, spesso funzionali alla sponsorizzazione all’interno delle scuole di questioni di natura politica come le rivendicazioni del “matrimonio gay” e della cosiddetta “omogenitorialità“.
Una questione che è stata affrontata anche da Michela Marzano che per la Utet ha pubblicato “Papà, mamma e gender“, un libro che spiega al lettore la genesi e le implicazioni dell’idea di gender e decostruisce le letture spesso fantasiose che ne danno molte associazioni religiose: “La manifestazione del 4 è il risultato di una campagna anti-gender iniziata in Francia in cui si è creato di punto in bianco l’esistenza del gender il cui scopo sarebbe quello di distruggere i valori della famiglia e mettere in crisi i bambini. Di fatto gender è solo il termine inglese: gli studi di genere hanno la finalità di promuovere l’uguaglianza nonostante le differenze. Tutto quello che viene propagandato non esiste, crea solo confusione e paura. Il gender è un fantasma. Sono molto preoccupata: in Francia questo movimento si è bloccato, in Italia invece aumenta e mostra l’arretratezza culturale del nostro Paese. L’iniziativa di venerdì non è da sottovalutare”.
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