Prova Invalsi matematica, venerdì 11 maggio si è svolta la prova che ha riguardato le classi seconde e quinte della scuola primaria. Un giudizio: fuori dal mondo! Anzi fuori dall’aula! Uno spot contro la “scuola reale”.
Venerdì scorso (11 maggio 2018) si è svolta la prova Invalsi di matematica. Ha riguardato le seconde e quinte della scuola primaria. Un giudizio: difficili, discriminanti e fuori dal mondo. Anzi dall’aula!
La prova di matematica, nello specifico quella di quinta, chiedeva livelli del pensiero matematico (congetturare, argomentare, verificare, definire, generalizzare ) superiori alla media dei nostri alunni. Si è avuta la conferma della profonda frattura tra la scuola ideale e quella reale. La prima pensata nelle stanze silenziose dell’Invalsi, che genera un idealtipo di alunno poco presente nelle aule. Se pensiamo alle classi pollaio, l’impegno per “una scuola di tutti e per ognuno” assume le caratteristiche quasi da “Mission impossible” Infatti, questo tipo di organizzazione, dove sono presenti Bes, Dsa…, non favorisce una didattica personalizzata e profonda, penalizzando quindi anche le potenziali eccellenze.
La standardizzazione delle prove è un esempio di scuola esclusiva. In altri termini, lascia fuori dalla porta una buon numero di studenti che hanno difficoltà di comprensione di un testo, di risoluzione di problemi… La prova Invalsi di matematica certifica la distanza tra i tanti teorici, inesperti di aula e la realtà. Siamo sideralmente lontani, da una scuola inclusiva, accogliente che assume il paradigma della diversità come caratteristica pervasiva la quotidianità. E’ il rigetto della complessità della realtà, attraverso la proposizione dell’ alunno ideale, “non contaminato” dalle diverse variabili sociali, ambientali e culturali
Invito questi “esperti” a lavorare un anno nelle classi, soprattutto pollaio, dove sono presenti uno o due allievi diversamente abili o con Bes, Dsa… Sicuramente la loro proposta di prova risulterà meno ardita e più concreta. Sicuramente la proposta cadrà nel vuoto, perché sono consapevoli che davanti alla complessità di una classe, molti loro ragionamenti franerebbero.
Gianfranco Scialpi
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