Dopo aver studiato e imparato “a pappagallo” le teorie dei vari Bruner, Piaget e Vygotskij, per chi ha superato la prova scritta è tempo dell’orale.
Ansia, stress, sudore e giornate sui libri, per essere valutati pescando una domanda da una scatola di cartone; potevano almeno mettere un’urna d’oro.
Si, perché la prova orale vede una buona percentuale di Fattore C: se sai la domanda disciplinare bene, se non la sai, ringrazia, saluta tutti e vai verso l’uscita.
È stato come vivere un reality show, perché alla fine le modalità sono quelle.
Ricevi la traccia della lezione simulata 24 ore prima, e passi l’intera giornata, ed anche la notte a prepararla, tra metodologie didattiche, didattica digitale e telefonate ai vari amici che ormai sono di ruolo per avere consigli. Nelle grandi città come Milano, i sospiri di coloro che avrebbero sostenuto l’orale l’indomani si sentivano per le strade.
Una volta arrivati, conosci coloro che come te sosterranno l’orale: sono colleghi, ma soprattutto sono avversari. Si, la parola corretta è avversari, perché i posti sono limitati: mors tua vita mea, si spera ci siano tanti assenti e tanti bocciati così posti disponibili sono maggiori.
Nell’attesa c’è chi ripassa, chi prega, chi maneggia amuleti portafortuna.
Tutti vogliamo il ruolo, inutile nasconderci, perché ne ho sentiti che dicono “io vengo qui solo per i tre punti”, ma quali tre punti? Forse quelli per una batteria di pentole in omaggio all’Esselunga.
“Ma io neanche ho studiato sono venuta qui solo per vedere com’è”, allora restavi a casa e davi spazio a chi realmente vuole prendersi il ruolo e fare il docente.
E poi, vedere i gruppi WhatsApp, docenti che aiutano altri docenti per sviluppare la lezione simulata o dando suggerimenti su come eccellere davanti alla commissione.
E magari la stessa persona che hai aiutato, ti fregherà il posto in graduatoria.
Una volta finito il tuo orale, dopo aver parlato ininterrottamente del cooperative Learning, dell’inclusione e dell’empatia, che nel 2024 sono le parole più pronunciate, dopo pasta, pizza e meloni (non intendo il frutto), rientri a casa aspettando il verdetto pubblicato su un sito web; oppure pure attendi in preda all’ansia che venga pubblicato il tabellone fuori dalla porta.
Sì, è un’esperienza intensa, ma è stato come vivere in un reality show.
Dove andremo a finire?
Alla graduatoria l’ardua sentenza; allora per chi come me, ha superato gli orali, anche brillantemente resta da dire: “per te Miss Italia continua”.
Giovanni Triassi
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