Hanno fatto molto discutere i risultati del Rapporto Invalsi 2019, in base ai quali è stato confermato che al Sud le competenze degli alunni sono mediamente più basse, con preoccupanti picchi negativi in alcune regioni, a partire della Campania. Per comprendere come si è arrivati a questi risultati, come si realizzano i test e il grado di coinvolgimento dei docenti, La Tecnica della Scuola ha intervistato Paolo Mazzoli, direttore generale Invalsi.
“Sulla somministrazione delle prove – ha detto Mazzoli – io distinguerei tra seconda e quinta primaria, dove sono ancora fatte tradizionalmente con carta e matita. Mentre in terza media, seconda e quinta superiore sono svolte al computer. Quindi, nel primo caso i docenti si riprendono i fascicoli, anche tutta la serenità” e il tempo necessario: così “vedono quali domande sono più interessanti per capire come migliorare il proprio insegnamento”.
Questo sistema serve anche a “capire anche quali risposte, soprattutto quelle sbagliate, possono suggerire miglioramenti per essere più efficaci nell’insegnamento di tutti i giorni”.
“Quando invece la prova è svolta al computer – ha continuato -, purtroppo non c’è il fascicolo che resta a scuola, però bisogna sempre considerare che noi dell’Invalsi rilasciamo un pacchetto di prove, quindi i docenti della secondaria possono contare sul fatto di sapere quali sono le famiglie di prove che hanno svolto i loro studenti. E possono avere accesso da settembre anche ai risultati di ogni singolo studente, quindi della propria scuola, della propria classe e anche i cosiddetti micro-dati di ogni singolo allievo”.
“In due gradi scolastici, il grado 8 (la terza media) e il grado 13 (l’ultimo anno delle superiori), diamo proprio un attestato con il livello di ciascun alunno, il quale si ritrova tre ‘diplomini’ Invalsi. In uno c’è il livello per il quale si è attestato in Italiano; in uno c’è il livello in cui si è posizionato in Matematica e nell’altro in Inglese. Questa è una novità: addirittura per la maturità è il primo anno; mentre per la terza media è il secondo anno”.
Il direttore generale ha anche parlato di futuro dei test nazionali: “vorremmo consolidare una struttura che negli ultimi due anni è proprio esplosa. Abbiamo prodotto cinque prove in più in appena diciotto mesi. Adesso in tutto i gradi sono diventati tredici, che corrispondono a milioni e milioni di prove censuarie. Ecco, ci piacerebbe tantissimo dialogare con le scuole, far capire in quanti modi i dati possono essere letti, senza farsi prendere dallo sgomento o dal dispiacere quando questi dati non coincidono con la votazione”.
Infine, ha detto che all’istituto nazionale “piacerebbe anche fare tanta ricerca sul tipo di lavoro che la scuola, con i gruppi di docenti, può fare sui risultati. Senza modificare il sistema per i prossimi quattro o cinque anni. Mi piacerebbe che adesso potessimo lavorare in intensità e non più in estensione su altri livelli o materie”.
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