Non si placano le contestazioni per l’allargamento del sistema nazionale delle prove Invalsi. La prospettiva di allargarle al quinto anno delle superiori e di renderne praticamente visibili a tutti i risultati, tramite il sito del Miur, ha destato nelle ultime ore diverse proteste.
Abbiamo già detto dell’ira della Flc-Cgil, che ha chiesto pubblicamente di avviare una raccolta firme, al fine di opporsi per furor di popolo contro il modello proposto sinora. Ed allestire, al suo posto, “un sistema di valutazione articolato e di mettere a punto strumenti e procedure capaci di evidenziare davvero criticità e punti di forza di tutti i processi del sistema di istruzione, con misure di supporto all’attività di autovalutazione e ai processi di ricerca e azione dedicati ad individuare e realizzare percorsi di miglioramento”.
Altrettanto preoccupata si dice l’Anief, in particolare “se il ministero dell’Istruzione porterà a termine la volontà, già espressa, di rendere pubblici i risultati dei test Invalsi ottenuti dagli alunni di ogni singolo istituto”. In tal caso, per il sindacato autonomo, “si andrà verso la classificazione in almeno due grandi categorie” di istituti scolastici: quelli di serie A e quelli di serie B. Con la conseguenza, per queste ultime scuole, “di mettere a rischio buona parte dei finanziamenti statali, i quali con la revisione del contratto dei pubblico impiego saranno sempre associati alle performance. Il risultato finale sarà, quindi, condannarle all’emarginazione. E alla chiusura”.
Il giovane sindacato si sofferma sul fatto che a rischiare di chiudere i battenti saranno non di certo le scuole meno qualificate o con l’offerta formativa inadeguata (risultati che, tra l’altro, non dovrebbero condurre ad una situazione estrema, ma solo a dimostrare la necessità di potenziare il supporto delle reti di scuole limitrofe). A serio rischio di sopravvivenza saranno, invece, le realtà scolastiche più bisognose di sostegno: quelle operanti in quartieri e comunità difficili, nelle periferie, nelle realtà sociali spesso degradate e non di rado anche isolate. Per molte di loro, se non saranno la scarsità di finanziamenti a farle chiudere, ci penserà la carenza di iscritti. Derivante dalla “pubblicità” negativa dei test Invalsi.
“Se si vuole veramente introdurre questo modello – ha detto Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per la scuola – il rischio fondato a cui si andrà incontro è quello di snaturare il vero fine dello strumento di monitoraggio: le prove Invalsi sono delle verifiche nate per suggerire buone prassi, linee guida di intervento e programmazione. Come del resto previsto da ogni sistema educativo statale di qualità. Quanto vuole fare il Miur, invece, significa dare spazio ad una valutazione nazionale che non tiene conto né delle diversità del territorio né delle peculiarità dell’utenza. E che affosserà proprio le scuole per vari motivi più bisognose di aiuto”.