I dati delle rilevazioni sugli apprendimenti condotte dall’Invalsi nei mesi scorsi stanno facendo discutere parecchio.
Le prove precedenti si erano svolte nel 2019, lo scorso anno, a causa della pandemia, erano state annullate; quest’anno, seppure con qualche difficoltà, sono state riattivate e hanno riguardato poco più di 2 milioni di studenti ai quali sono stati sottoposti quesiti di italiano, matematica e inglese.
Il rapporto evidenzia una situazione molto complessa e problematica che non può che essere messa in relazione con quanto accaduto da marzo 2020 in avanti.
In tutta la scuola secondaria, sia del primo che del secondo grado, si registrano risultati peggiori rispetto a quelli del 2019, con divari territoriali piuttosto pesanti.
Nella secondaria di secondo grado i risultati in matematica sono allarmanti: a livello nazionale più della metà degli studenti ha prestazioni insufficienti; dato che arriva addirittura al 60-70% in alcune regioni del sud.
“In entrambi i cicli – osservano i tecnici dell’Invalsi – in tutte le materie le perdite maggiori di apprendimento si registrano tra gli allievi che provengono da contesti socio-economico-culturali più sfavorevoli”.
Sul fatto che la pandemia abbia giocato un ruolo decisivo nella perdita di apprendimenti c’è una prova indiretta ma molto significativa.
Gli esiti delle prove svolte nella scuola primaria forniscono un dato in controtendenza: fra i risultati del 2019 e quelli del 2021 non ci sono differenze importanti e questo potrebbe essere messo in relazione con il fatto che nella scuola primaria la sospensione delle lezioni in presenza è stata decisamente meno pesante rispetto a quanto accaduto nella scuola secondaria.
La stessa Presidentessa dell’Invalsi, Anna Maria Ajello, al margine della presentazione dei dati alla stampa, torna sulla questione della didattica a distanza e afferma: “Anche se la DaD è stato l’unico modo per collegare scuola e discenti, in certi casi una responsabilità politica c’è, perché nei fatti Campania e Puglia (che hanno mostrato importanti arretramenti degli apprendimenti) sono state chiuse a lungo. C’è stata una svalutazione della scuola, considerata non granché. Quando si dice che si può non andare a scuola, si svaluta la scuola, perché è come dire che possiamo farne a meno”
In proposito Valentina Aprea, deputata di Forza Italia e capogruppo in Commissione Cultura, chiede che i vertici dell’Invalsi vengano auditi al più presto alla Camera, e commenta: “Abbiamo di fronte una sfida di lungo periodo ma che deve essere colta immediatamente dalle Istituzioni e dal Parlamento, senza esitazioni per evitare che la perdita di apprendimenti aggravata dalla pandemia diventi un vero e proprio handicap per gli studenti della scuola italiana.”
C’è poi un altro dato che sta facendo discutere parecchio: mai come quest’anno all’esame di Stato conclusivo (alla cosiddetta maturità, per intenderci) si sono registrati punteggi alti e con un gran numero di 100 e lode. Emerge insomma un evidente contrasto fra gli ottimi risultati dell’esame di Stato e gli esiti deludenti delle prove Invalsi.
Dato che fa dire a molti che forse è arrivato davvero il momento di pensare anche ad una seria revisione dell’esame di Stato.
Ma adesso – fatta la diagnosi – bisogna capire cosa fare per far ripartire il sistema scolastico nazionale. Molti dicono anche che in 15 anni di rilevazioni l’Invalsi non è mai stato in grado di fornire una sola indicazione concreta sulle iniziative da assumere per migliorare i risultati, ma si tratta di una obiezione poco pertinente perché queste sono decisioni che spettano a chi governa la scuola e non certamente ad un organismo tecnico quale è l’Invalsi.
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