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Prove Invalsi ed esami di Stato, risultati contrastanti: quali sono quelli validi? La risposta del pedagogista Corsini

Anche quest’anno nelle regioni in cui i risultati dei test Invalsi sono più bassi, abbondano voti alti (e le lodi) agli esami di Stato.
Molti parlano di un vero e proprio “disallineamento” tra il risultato delle prove standardizzate e i voti agli Esami di Stato.
Sulla soluzione del paradosso ci sono due scuole di pensiero: c’è chi sostiene che al sud si “gonfino” i voti dell’esame di Stato e chi invece dice che, molto semplicemente, ad essere “sbagliati” e poco attendibili sono proprio i risultati delle prove Invalsi.

Ne parliamo con Cristiano Corsini, pedagogista presso l’Università di Roma Tre a autore del recente e fortunato libro “La valutazione che educa”. Professore, come si spiega il paradosso?

È una questione di cui si parla da mezzo secolo. Negli anni Settanta, quando al posto delle prove INVALSI venivano somministrate (a campione, per fortuna!) le prove IEA, si rilevarono le stesse incoerenze e non si mancò di proporre l’impiego di test per valutare in maniera più affidabile gli apprendimenti. Fortunatamente non se ne fece nulla: è profondamente sbagliato pretendere di rilevare competenze con una prova unica, non situata e pensata su fasce di popolazione piuttosto che su singoli individui.

Cioè?

La validità non è una caratteristica intrinseca di uno strumento, dato che dipende dal perché lo usiamo. Possiamo dire che se usate per valutare le competenze di singoli studenti, allora prove come quelle costruite da INVALSI hanno gravi lacune di validità. Quindi, introdurre tali prove negli Esami di Stato non migliorerebbe la situazione.

Ma lei pensa che gli esiti degli esami di Stato siano affidabili?

Niente affatto, ci sono certamente problemi! Però come si dice, “due torti non fanno una ragione”. Sarebbe un segnale di maturità smetterla di pretendere che una procedura automatizzata risolva problemi complessi.

Tutto bene, però forse avere uno strumento che ci aiuti a rilevare in modo attendibile le differenze territoriale potrebbe essere utile, anche allo scopo di consentire “decisore politico” di decidere come allocare correttamente le risorse

Le prove INVALSI vanno usate su fasce di popolazione per comprendere i punti di forza e di debolezza del nostro sistema, ma non ci dicono granché di valido rispetto all’apprendimento di un singolo studente. Poi, certamente, tutti vogliamo valutazioni eque tra nord e sud. E, allora, iniziamo a garantire pari opportunità formative al nord e al sud! Altrimenti, utilizzando una prova standardizzata rischieremmo di sancire e legittimare le disuguaglianze di partenza. Il tutto cedendo alla tentazione di considerare oggettiva e valida la valutazione scambiando l’oggettività con l’espressione numerica, la validità con l’affidabilità e la valutazione con la misurazione. Insomma, se davvero vogliamo una scuola di qualità è ora di iniziare a investire sulle strutture, sugli spazi, sul tempo scuola e anche sulla formazione, sul reclutamento e sulla remunerazione del personale docente. Non mi pare che questo venga fatto e pensare di affrontare il problema dell’iniquità valutativa – che è legato a quello delle disuguaglianze di opportunità – con una prova standardizzata è, nella migliore delle ipotesi, poco intelligente.

Reginaldo Palermo

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