Gentile Francesco,
non me ne voglia se intervengo anch’io sulla diatriba che ha coinvolto lei e il nostro vice direttore, Reginaldo Palermo, in queste ore, attorno all’ennesima polemica sulle prove Invalsi. Il punto è che anch’io nei giorni scorsi ho scritto un articolo sull’argomento e proprio come il nostro vice direttore avevo trovato particolarmente interessante la sua dichiarazione circa il fatto che sua figlia non avrebbe fatto le prove Invalsi, perché vede, checché se ne dica, la sua presa di posizione è una notizia di estrema rilevanza giornalistica. È la sola cosa interessante che lei aveva detto in quel convegno? Assolutamente no, quel convegno è stato ricchissimo di spunti interessanti, suoi e di altri, tanto che noi stessi ne abbiamo scritto in diversi articoli. Ma ciò non toglie che la sua esternazione, da segretario di un sindacato in prima fila sulla scuola, resta un “fatto” giornalistico.
Ora, perché tengo a risponderle? Perché la prima reazione che ho avuto quando ho letto la sua lettera al direttore è stata: “Cavolo, poteva avercela anche con me, per fortuna se l’è presa con Reginaldo!” Lo ammetto, ho tirato un sospiro di sollievo, ma subito dopo ho realizzato… se fosse capitato a me, sarei stata intimidita e in futuro avrei avuto grandi difficoltà a scrivere ancora di lei, per paura di irritarla ed espormi alle sue critiche. Ma nello stesso momento in cui ho avuto consapevolezza di questo, ho avuto anche consapevolezza del fatto che lei ha sbagliato a scrivere quella lettera: perché una lettera come la sua potrebbe influire sulla futura imparzialità del giornalista. Non le dico nulla di nuovo. Le dinamiche relazionali tra politica (lo è anche il sindacato, no?) e giornalismo sono queste dalla notte dei tempi. E lei lo sa bene. E poco conta che il nostro direttore, anche in relazione alla sua età e alla sua esperienza, non sia stato turbato dalla sua lettera, io lo sarei stata ed è per questo che metto le mani avanti…
Lei sostiene che la nostra testata l’ha esposta alla violenza dei social? Se così fosse, beh, ci dispiace moltissimo. I social sono un brutto brutto posto dove vivere. Ma questo è un tema ancora più interessante dell’Invalsi, e allora parliamo di questo. C’è molto odio sui social? Certo che sì. Come contrastarlo? Come educare i ragazzi (e più ancora i docenti?) all’uso etico dei social media? Come spiegare le implicazioni della social reputation? Parliamo di questo, magari nella prossima diretta della Tecnica della Scuola se avrà la voglia di confrontarsi con noi.
Facebook è il campione dell’odio social, anche tra il nostro pubblico, anche tra gli “educatori”, insomma, non nascondiamocelo. Lo sa bene la ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, che di fango social ne riceve continuamente. E quando ha fatto il tentativo di porre gli interessi dei ragazzi davanti a quelli dei docenti, di violenza, purtroppo, ne ha ricevuta anche da chi segue la nostra pagina Facebook.
Quindi no, non direi che possiamo tirare in ballo la deontologia professionale o la scorrettezza dell’informazione nelle questioni di cui ci siamo ritrovati a parlare. Ma siamo disposti a confrontarci ulteriormente sul tema.
Nel salutarla, le rinnovo la stima per il suo lavoro. E spero di poterla intervistare, magari proprio sulle prove Invalsi, per andare a fondo nel “senso e nella complessità delle sue argomentazioni” (cit.) più di quanto possa fare un articolo sul web.
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