Si moltiplicano le polemiche per la decisione del Governo Meloni, con il decreto legge 19 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 2 marzo scorso, di fare entrare gli esiti delle prove Invalsi svolte scuola nel curriculum dello studente allegato al diploma finale rilasciato al termine del secondo ciclo di istruzione. Nei giorni scorsi più di qualcuno aveva parlato di una decisione che sembrerebbe portare ad una sorta di “schedatura degli alunni”.
Ma fare scalpore è anche il fatto che a valorizzare l’operato delle prove Invalsi sia un Governo rappresentato da esponenti, soprattutto di Fratelli d’Italia, che solo un anno e mezzo fa, durante la campagna elettorale per le elezioni politiche, sostenevano che l’Invalsi rappresenta uno spreco di soldi e quindi certamente da tagliare. Una eventualità che portò in quel periodo il presidente Invalsi Roberto Ricci a dire, ai nostri microfoni, che si intende cancellare un’istituzione importantissima pur di risparmiare una decina di milioni di euro.
Adesso, a rimarcare la contraddizione, con l’utilizzo errato dei risultati delle prove a cui periodicamente si sottopongono gli alunni di fine corso e non solo, è l’opposizione politica. In particolare il Partito democratico.
“Il mondo al contrario di Giuseppe Valditara colpisce le prove Invalsi – dice la senatrice Cecilia D’Elia, capogruppo del Pd nella Commissione Istruzione – : il ministro le vorrebbe dentro i curricula delle studentesse e degli studenti, ignorando che la loro funzione è quella di monitorare e dare indicazioni alle scuole, non di valutare le ragazze e i ragazzi”.
Secondo D’Elia stiamo vivendo “un’altra forzatura pedagogica senza ascoltare il mondo della scuola, e per di più affidata al decreto Pnrr. È inaccettabile”.
Per l’onorevole Irene Manzi, responsabile nazionale scuola del Pd, “il ministro Valditara se ne inventa un’altra delle sue e decide”per decreto “che i risultati delle prove Invalsi dovranno essere inseriti nel curriculum degli studenti e delle studentesse. L’obiettivo dichiarato è quello di contrastare la discrepanza tra i voti di maturità e risultati delle prove nazionali, soprattutto al Sud. Un obiettivo però che viene raggiunto non eliminando le disparità strutturali che determinano la diversità di opportunità educativa ma che, come sempre, preferisce ricorrere ad una decisione/scorciatoia sottratta al dibattito parlamentare e al confronto con la comunità scientifica e pedagogica. Una decisione non condividiamo perché snatura i test Invalsi”.
Secondo Manzi, “il ministro fa finta di non sapere che le prove Invalsi vengono somministrate e analizzate con lo scopo di fornire indicazioni di sistema sui punti di forza e di debolezza del sistema educativo. Sono dati che rappresentano uno strumento di lavoro utile per sostenere le scuole nell’orientare la progettazione d’istituto, per consentire a dirigenti scolastici ed insegnanti di individuare situazioni di difficoltà o di eccellenza e di progettare attività per migliorare la propria offerta formativa. Una misura – ribadisce Manzi – che nasce quindi con un fine generale ben preciso. E che non può sovrapporsi all’operazione complessa che si lega alla valutazione individuale dello studente che deve essere affidata al corpo docente e alla comunità educante”.
Anche secondo la responsabile Scuola del Pd “si tratta dell’ennesima forzatura che non ha nessun fondamento didattico, scientifico e pedagogico”.
“Dopo il colpo di mano che mira allo smantellamento del sistema di valutazione della primaria (anche se Valditara ha giù replicato punto su punto ndr)– conclude Manzi – si decide di stravolgere il senso delle prove Invalsi. Le due proposte hanno in comune la fretta e la mancanza di qualsiasi criterio scientifico, pedagogico o educativo e non è un caso che, proprio dalla comunità scientifica, impegnata quotidianamente nella scuola, vengano le maggiori critiche e l’invito a fermarsi”.
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