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Prove Invalsi, non è un problema di buona volontà

Le prove INVALSI confermano quanto già si sapeva: gli alunni del Sud hanno competenze più basse di quelli del Nord. Il ministro Bussetti, commentando i risultati dell’INVALSI, rilancia la questione della valutazione degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, come se la questione riguardasse la buona volontà e non il contesto socio-culturale deprivato.

D’altra parte, il ministro, già in un’intervista in visita ad Afragola, aveva sbottato che che gli insegnanti meridionali dovevano rimboccarsi le maniche.

Noi diciamo che la buona volontà non basta per recuperare gli svantaggi socio-economici che poi diventano anche culturali. Sposo in pieno quanto afferma Marco Rossi-Doria in un’intervista al Fatto Quotidiano: “Occorre intervenire in età molto precoce con gli asili nido,sostenere le famiglie più deboli,fare delle alleanze educative tra i servizi pubblici territoriali…, istituire il tempo pieno nella scuola primaria  e nella scuola media dei quartieri difficili e migliorare la formazione professionale soprattutto nel Mezzogiorno.”
Il principio è quello di Don Milani: dare di più a chi ha di meno e non come vorrebbe fare la Lega di Salvini con la proposta di autonomia differenziata, dare di più a chi ha di più (un plauso a Di Maio che ha bloccato la proposta della regionalizzazione della scuola. sperando che non torni indietro).
L’INVALSI si è accorto che alcune scuole sono ghettizzate, soprattutto al Sud, perché i figli dei poveri sono concentrati in alcune scuole e i figli dei ricchi in altre.
Per evitare questo, occorre ripristinare la platea scolastica, costringendo i genitori tutti a iscrivere i loro figli nelle scuole del territorio fino alla terza media (lascerei libera l’iscrizione solo per le scuole superiori).
Invece, in nome di una concorrenza che non ha senso nella scuola pubblica, si è consentito la libera iscrizione per tutti i gradi di scuola: e il risultato è appunto la ghettizzazione, impedendo la formazione di classi equi eterogenee nei quartieri a rischio..
Non possono certo i presidi rimediare alla ghettizzazione, se gli alunni migliori vanno a iscriversi nelle scuole dei quartieri benestanti, dopo aver frequentato la scuola primaria nel proprio quartiere.
Eugenio Tipaldi
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