Sto pensando agli INVALSI.
È vero che ho poca esperienza nella scuola, ma ne ho senz’altro nel mondo del lavoro, quell’altro, quello parallelo…quello delle 3 settimane di ferie all’anno, quello che vive l’80% della popolazione …..In questi ultimi anni in cui ho studiato il concetto di istruzione in un senso molto diverso, in cui ho messo a confronto la realtà scolastica italiana, che sto conoscendo, con quella di altri paesi europei (in cui ho sia studiato sia insegnato), sono convinta che gli Invalsi siano una prova complessa, e che essi siano il simbolo di un tipo di apprendimento cognitivo. Dobbiamo cambiare il nostro modo di lavorare e renderlo più autentico, più aderente alla realtà. Sono convinta che quesiti ambientati in situazioni quotidiane, analizzati collettivamente con l’utilizzo e l’incentivo e lo stimolo ad adottare strategie risolutive diverse, la libertà data ad ognuno di applicare il proprio tipo di intelligenza per arrivare alla soluzione, portino in questa direzione. Le prove Invalsi di matematica sono situazioni reali trasposte su un foglio, sono divertenti e facilmente pensabili in un contesto reale.
Questo non significa che siano facili ma se si lavora per compiti autentici sin dall’inizio, per i bimbi non sono niente di diverso di ciò che hanno sempre fatto, quindi niente stress, ansie, bisogno di aiuto o paura del risultato, perché il risultato non è un problema loro! E non deve nemmeno essere un problema nostro. Deve essere un problema per chi non ha ancora capito che il concetto di imparare deve essere meno scollegato dalla vita e che ogni prova che i bambini inizieranno a fare al di fuori della scuola, che ci piaccia o no, sarà strutturata in questo modo. Ogni applicazione per un college, per un concorso europeo, per un posto lavoro in una azienda che abbia qualsiasi interesse internazionale, persino la domanda per un campo estivo a numero chiuso o per un’università, oggi richiedono una struttura mentale alla quale noi non siamo stati educati, ma alla quale, in ogni altro paese, educano da decenni.
Perfino il concorso per entrare a scuola, (un concorso statale italiano come possono essere quelli per Guardia di finanza, Polizia, Aeronautica, Marina ecc), è stato basato fin dalle prime prove, su schemi logici e situazioni reali, su tempi strettissimi e dedicati ad ogni prova, e anche su spazi predefiniti entro cui si doveva avere la capacità di impostare, svolgere e concludere con potere critico, conoscenze e soluzioni, risposte a domande apparentemente ingannevoli, ma che invece prevedevano solo molte possibili soluzioni ad un unico problema. Che a noi insegnanti piaccia o no è così.Gli Invalsi dovrebbero essere un punto di partenza non di arresto. Se fatti con onestà intellettuale, serietà o astensione, essi ci darebbero l’indice reale della situazione italiana e darebbero a chi di dovere i dati per aiutarci a cambiare le cose. Secondo me non dovrebbe contare altro per noi.
Noi dobbiamo somministrarli e consegnarli. Dobbiamo sperare che il loro risultato ci aiuti. Dobbiamo avere la fiducia che hanno i colleghi di tutta Europa che sono alle prese con gli stessi obiettivi, e dovremmo prendere spunto dalla realtà “liquida” in cui viviamo e usarla come lubrificante invece che viverla come un temporale che ci travolge.
Buoni Invalsi a tutti!
Valeria Zannoni