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Prove scritte, commissari in balìa dei presidenti

Prove scritte ed obblighi di servizio, ovvero l’apoteosi dell’assurdo.
 Sebbene siano trascorsi quasi 80 anni dall’emanazione del Regio decreto n. 653 del 4 maggio 1925 e, da allora, sia passata molta acqua sotto i ponti, a quanto pare, esistono ancora presidenti di commissione che applicano la norma alla lettera, costringendo tutti i commissari a presenziare alla consegna delle tracce delle prove scritte: un rito primordiale, che necessiterebbe di un’attenta rivisitazione in chiave logico deduttiva.
Tutto ciò nasce dall’interpretazione letterale di una norma, l’articolo 85 del citato Regio decreto (peraltro richiamato anche nell’ordinanza ministeriale n. 90/2001) la quale dispone che: "Per le prove scritte degli esami di ammissione, idoneità, promozione e licenza ciascun commissario presenterà al presidente una terna di temi mezz’ora prima dell’inizio della prova". Fortunatamente esistono anche presidenti che conoscono i vari criteri interpretativi della legge, così come codificati dalla dottrina e dalla giurisprudenza, che da anni effettuano una lettura più aderente al principi di ragionevolezza e di buona amministrazione fissati da dettato costituzionale.
Ed è grazie a questi ultimi che ha preso forma, nel tempo, la prassi di convocare solo i docenti delle materie interessate. Resta il fatto, che esistono anche presidenti che non applicano i suddetti criteri, ignorando deliberatamente che l’applicazione di una norma presuppone l’adozione di misure conformi ai principi generali dell’ordinamento giuridico.
Per non parlare del criterio della referenza della prassi circa l’interpretazione della norma: un criterio largamente accettato anche dalla giurisprudenza amministrativa. Dunque, sarebbe quanto meno auspicabile che il Ministero intervenisse per sanare questa situazione assurda… magari con un semplice intervento interpretativo.

Adalberto Reggiani

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