Lo psicologo in classe può essere una risorsa in più, ma le scuole devono stare attente: prima di autorizzarne la presenza, va chiesto il consenso dei genitori degli alunni.
A stabilirlo, riporta l’Ansa del 5 settembre, è stata la Cassazione, che ha annullato l’archiviazione del gup, per violenza privata, nei confronti di tutta l’equipe scolastica di una primaria di Arezzo e stabilito che il consenso è imprescindibile. Accogliendo, in questo modo, il ricorso di padre e madre dell’alunno.
Su richiesta di due insegnanti, il capo d’istituto aveva infatti “autorizzato la psicologa a stare in classe con gli allievi per esaminarne il comportamento e scrivere una relazione clinica, in particolare su un ragazzino ‘vivace’. Il tutto senza che i genitori fossero informati e acconsentissero”.
I genitori del bambino ‘vivace’, però, si sono rivolti al tribunale. Ma per il gup di Arezzo, non era “configurabile il delitto di violenza privata, in quanto l’attività” della psicologa, C.M., “ossia l’osservazione dei minori durante le ore di lezione, non si sarebbe sostanziata in atti impositivi riconducibili alla fattispecie tipica della violenza privata”, inoltre “il mancato consenso dei genitori non può essere equiparato al dissenso richiesto dalla norma incriminatrice”.
I genitori del bimbo non si sono dati per vinti e nell’udienza in Cassazione hanno ribadito che era “stato realizzato un trattamento sanitario senza consenso, per di più su un minore, in danno anche e soprattutto dei genitori”.
E i togati ‘rossi’ gli hanno dato ragione, perché, hanno scritto nella sentenza, “l’assenza di un esplicito consenso da parte di chi sia legittimato a prestarlo, vale a dire i genitori del minore nel nostro caso, integra certamente una compressione della libertà di autodeterminazione del soggetto passivo”.
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Per poi aggiungere che “non vi è dubbio che l’osservazione delle condotte in classe, al fine di trarne elementi per formare una valutazione degli alunni sotto il profilo comportamentale e prendere ulteriori provvedimenti, rappresentava una invasione delle sfere personali degli alunni che, come tale, necessitava il preventivo consenso”.
Per la Cassazione, quindi, la decisione del gup “appare eccessivamente sbrigativa laddove non ha considerato che la celebrazione del dibattimento avrebbe potuto chiarire la natura, i confini e le finalità dell’osservazione commissionata” alla psicologa della scuola dalla direttrice A.P., su richiesta dei docenti B. N. e G. S., vicenda nella quale è coinvolto anche il nuovo dirigente dell’istituto, L. T. che aveva negato ai genitori l’accesso agli atti.
Al gup propenso a ritenere che “l’attività della psicologa consisteva in una osservazione dei comportamenti tenuti dai bambini durante le ore di lezione al fine di suggerire un indirizzo pedagogico ai docenti”, la Suprema Corte fa presente che i genitori sostengono invece che “oggetto dell’osservazione erano le condotte di alcuni bambini, che presentavano particolari problematicità, al fine di suggerire interventi mirati”.
Per gli ‘ermellini’, in conclusione, “se nella prima ipotesi, in cui la psicologa avrebbe avuto il ruolo di ‘consulente’ della maestra per suggerirle indirizzi didattici, non involgendo quindi in alcun modo i comportamenti degli alunni” si potrebbe escludere la necessità del consenso dei genitori, “non altrettanto può dirsi se oggetto dell’osservazione erano proprio i comportamenti degli alunni e ancor di più, di alcuni degli alunni ritenuti portatori di problematiche”.
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