Ed è proprio la psicologa, Eleonora Motta, a spiegare: “Riscontro innanzitutto un senso di enorme solitudine parlando coi professori e lo sportello non è pensato come uno spazio terapeutico ma di ascolto. Un’occasione per trovare una persona che proverà a starvi al fianco per aiutarvi a trovare e sperimentare strategie per la soluzione dei problemi”. Una “scommessa importante”, la definisce Renza Bertuzzi, responsabile di “Professione docente”, il mensile della Gilda: un progetto che “va nella direzione di considerare gli insegnanti come attori del cambiamento e non solo oggetto di qualcosa che subiscono”.
Anche Vittorio Lodolo D’Oria, medico del lavoro e autore di diverse pubblicazioni sullo stress da lavoro correlato dei docenti afferma: “Gli insegnanti vivono una tipologia di rapporto con l’utente unica che si protrae tutti i giorni e più ore al giorno, per nove mesi all’anno e per cicli di tre o cinque anni”. In un contesto in cui “l’alleanza tra le agenzie educative, cioè famiglia e scuola, è completamente saltata”: in altre parole, afferma D’Oria, di fronte a ciò che ottiene e combina l’alunno, il “genitore si considera sempre innocente”. Dall’altro lato, un docente che in media ha 51 anni e nell’82% dei casi è donna: dunque incide anche la menopausa, sostiene D’Oria, per una categoria che svolge un lavoro “psicofisico usurante” e, dunque, risulta “fortemente a rischio”.
In Italia non esistono dati specifici ma basti pensare che in Inghilterra, ad esempio, quella degli insegnanti è la categoria “a più alto rischio suicidio di tutte le altre”. Tra le cause di inidoneità al lavoro, poi, quelle psichiatriche rappresentano ben il 64% del totale, incidenza “maggiore di cinque volte rispetto alla disfoniama questa è riconosciuta come causa di servizio e le prime no”. Una situazione distribuita “quasi in modo uguale nei diversi ordini di scuola”, continua il medico, segnalando che tra gli insegnanti aumenta anche il rischio oncologico, perchè “la depressione porta con sè anche immunodepressione”. Per giunta, sostiene D’Oria, di fronte a questi elementi i dirigenti sono “completamente impreparati”. Tutto ciò in barba ai “maledetti stereotipi” sugli insegnanti, conclude D’Oria: più che dei famosi “tre mesi all’anno di vacanza”, bisognerebbe parlare di vera e propria “convalescenza”.
Di fronte a genitori sempre più “aggressivi”, è necessario che l’opinione pubblica “si liberi della visione studentecentrica”, sottolinea Gianluigi Dotti, responsabile del Centro studi nazionale della Gilda, “spostando l’attenzione anche sulla figura e la professione dei docenti, perchè sono loro che si occupano dello studente, lo educano e lo fanno crescere”. Si tratta, dunque, di “prevenire il disagio, fornire formazione adeguata- aggiunge- strumenti e ambienti di lavoro idonei, obiettivi compatibili con le risorse”.
Tra i docenti che intervenute all’iniziativa della Gilda, una di Q96: “Sono una delle insegnanti che, grazie alla riforma Fornero, dovranno lavorare fino a 67 anni, quali sono le strategie per arrivare fino a quell’età?”.
E un altro insegnante: “Tutti sanno quante assenze facciamo e che voti diamo; ma quelle statistiche sono zeppi di errori, perchè si vogliono fare queste cose ma senza avere il tempo di tenerle aggiornate”.
Un’altra prof si lamenta del registro elettronico che l’ha “mandata in palla”. E un’altra ancora: “Ci vedo poco, devo lavorare fino alle dieci di sera per immettere tutti i dati”.
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