Le indagini sulla salute mentale dei giovani italiani confermano che c’è poco da stare tranquilli: lo dicono gli ultimi dati Unicef, secondo cui nell’Unione europea il 13% dei giovani in età di studio è rischio, ma anche un recente studio della Fondazione Don Luigi Di Liegro di Roma, dal quale risulta l’aumento evidente, dopo l’epidemia da Covid, delle richieste di aiuto da parte dei giovani alle prese con disagi di tipo psicologico.
Dello stesso tenore è l’indagine realizzata con il supporto tecnico di Eures, Ricerche economiche e sociali, che ha coinvolto 1.100 giovani tra i 15 e i 35 anni: ebbene, il 75% degli intervistati ha sentito il bisogno di un supporto psicologico negli ultimi cinque anni, ma solo il 27,9% ha ricevuto l’aiuto necessario. Sono dati, dicono i ricercatori di Eures, che evidenziano una significativa lacuna nella risposta al supporto psicologico dei giovani, con gravi ripercussioni sul loro benessere complessivo.
Nelle fasce d’età comprese tra i 20 e i 29 anni la richiesta di un sostegno psicologico appare particolarmente avvertita, con valori vicini all’80% (78,5% tra i 20-24enni e 78,8% tra i 25-29enni), scendendo al valore più basso tra i 30-35enni (60%) e tra i 15-19enni (64,1%).
Più elevata infine risulta la richiesta di aiuto dei giovani residenti nelle regioni del Centro (79,4%) e del Sud (76,8%), scendendo leggermente al Nord (71,8%), dove, nonostante i livelli di welfare risultino più elevati rispetto al resto del campione, il disagio psicologico e l’implicita richiesta di un maggiore sostegno si conferma ampiamente maggioritario.
“Abbiamo rilevato – ha commentato Maria Cristina Pisani, presidente del Consiglio nazionale dei giovani, organo consultivo sulle politiche giovanili istituito con la legge 145 del 2018 – che 3 giovani su 4 avvertono l’esigenza di un supporto e che il disagio psicologico è più accentuato tra le giovani donne: ben l’87,3% dichiara di aver avvertito la necessità di supporto psicologico, rispetto al 61,8% dei coetanei uomini. Questo dato sottolinea l’importanza di interventi mirati che tengano conto delle specificità di genere”.
Pisani ritiene che occorrano “politiche che garantiscano accessibilità, tempestività e continuità delle cure, personalizzando gli interventi in base alle esigenze individuali. È necessario – avverte – un piano nazionale organico e permanente che permetta di rafforzare e aumentare i servizi di sostegno alla salute mentale. Servono sportelli di ascolto psicologico nelle scuole superiori e nelle università, accessibili gratuitamente a tutti gli studenti”.
Come diventa “essenziale introdurre la figura dello psicologo di base nel sistema sanitario nazionale, come già sperimentato con successo in alcuni distretti sanitari territoriali, iniziativa che dovrebbe andare di pari passo con una campagna di sensibilizzazione per superare lo stigma associato alla ricerca di aiuto psicologico e promuovere una maggiore consapevolezza dell’importanza della salute mentale tra le giovani generazioni: va scongiurata la solitudine e l’abbandono che troppe ragazze e ragazzi sperimentano. Bisogna fare in modo che l’accesso alle cure non sia un privilegio riservato a pochi”.
Sono diverse le proposte in Parlamento per introdurre lo psicologo a scuola in modo stabile. Ma ad avvertirne la necessità non sono solo gli studenti.
Per Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief “bisogna dotare la scuola di un supporto psicologico permanente di esperti, che vadano a prevenire e ad individuare, come una sorta di ‘sentinelle’, i primi sintomi dei disagi emotivi, prima ancora che esplodano. Ma sia ben chiaro: il supporto psicologico deve essere rivolto anche ai docenti, in generale al personale scolastico, che oltre ad essere sempre più spesso vittime di violenza e del più alto grado di burnout all’interno dell’amministrazione pubblica”.
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