Il Piano nazionale di ripresa e resilienza non è stato ancora recapitato alla Commissione europea e già è partita la rincorsa per accedere ai corposi fondi, quasi 32 miliardi tra Istruzione e Ricerca, che da questa estate e per il prossimo quinquennio verranno fatti pervenire all’Italia. Le proposte e candidature presentate sono innumerevoli. Alcune sono particolarmente gettonate, come la richiesta di ridurre il numero di alunni per classe, aumentare le sedi scolastiche e introdurre mense e tempo pieno anche al Sud: in questi casi, tra l’altro, c’è già un impegno formale del governo, che ha introdotto alcuni di questi principi anche nel testo inviato Bruxelles. Vi sono, però, anche proposte diverse. Anche se non del tutto nuove. Come quella di istituire lo psicologo a scuola. Se ne parla da tempo, come del resto del medico o dell’infermiere scolastico. Ma poi, alla resa dei conti, l’idea, seppure condivisa da molti, non si è mai tradotta in un testo di legge.
A sollecitare l’introduzione della figura dello psicologo negli istituti scolastici è stata Licia Ronzulli, presidente della commissione parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza.
Intervenendo nell’Aula di Palazzo Madama nel corso della discussione sul Pnrr, Ronzulli ha detto che “va valutato, anche prossimamente, l’opportunità di prevedere nella missione Istruzione e Ricerca, l’inserimento sistematico e strutturale dello psicologo scolastico negli istituti di ogni ordine e grado”.
Secondo la presidente, questa scelta permetterebbe “di garantire un supporto specializzato a tutela del benessere emotivo dei ragazzi fortemente penalizzati dalla pandemia”. Ma anche, è il caso di dirlo, dei docenti e quindi di tutto il personale scolastico.
Sull’esigenza di introdurre l’esperto per risolvere problematiche giovanili e familiari, nel corso degli ultimi anni sono stati proposti diversi disegni di legge, anche da partiti all’opposizione.
La filosofia di fondo è che l’esperto di sostegno psicologico sosterrebbe gli alunni (ma anche i docenti, sempre più sottoposti stress e burnout) per affrontare assieme problematiche individuali, migliorando anche le relazioni, aspetto fondamentale anche ai fini dell’apprendimento delle competenze.
Si tratta di esigenze che con la pandemia si sono ancora più amplificate.
Secondo David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi, “la pandemia ha esposto i più giovani a un fortissimo stress, privandoli di punti di riferimento e abitudini quotidiane fondamentali. Per questo, alla ripresa delle lezioni è assolutamente necessario offrire una capillare assistenza psicologica nelle scuole”.
Inoltre, lo psicologo può rappresentare un valido riferimento anche per gli insegnanti, anch’essi provato non poco dall’emergenza epidemiologica, e per gli stessi genitori degli alunni che ne sentissero la necessità.
Ma chi potrebbe svolgere questo delicato compito? Sicuramente non i docenti e nemmeno gli psicologi non specializzati: lo psicologo scolastico dovrebbe essere iscritto nell’annotazione come psicoterapeuta, aggiuntiva all’iscrizione all’albo degli psicologi, con ampia esperienza, accumulata attraverso un tirocinio svolto in strutture pubbliche o private convenzionate con l’Università.
Va pure ricordato che la Cassazione ha ribadito che gli psicologi possono stare in classe, su appuntamento, solo se i genitori degli alunni sono stati informati della loro presenza e abbiano dato il consenso a che i comportamenti dei figli siano sotto osservazione clinica.
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