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Psicologo a scuola, perché in Italia è così difficile introdurre in modo strutturale questa figura? – Scienze per la Scuola

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Nuovo appuntamento con la rubrica Scienze per la Scuola: oggi parliamo di psicologo a scuola.

Proposte di legge che non diventano mai Legge

L’Italia rimane l’unico Paese europeo a non aver previsto una normativa nazionale per l’inserimento strutturale, nelle scuole, dello psicologo scolastico. Logica aristotelica alla mano, delle due, l’una: o l’Italia è il Paese con i più bassi livelli di burnout professionale e di fragilità psicologica fra gli studenti (ma sappiamo che, purtroppo, non è così) oppure ha una classe politica che si colloca ai più alti livelli in termini di miope insensibilità al tema o di pilatesca incapacità di decidere.

Le proposte di legge in tal senso non mancano, ma per qualche misteriosa e atavica iattura, nessuna riesce a superare tutti i passaggi parlamentari necessari. L’ultima in ordine di tempo è stata presentata alla Camera ad opera dei deputati Patrizia Marrocco e Mauro D’Attis, di Forza Italia (ottobre 2022) e definisce alcuni punti, molti dei quali in comune con un precedente Disegno di Legge (n. 2613), presentato al Senato, nel dicembre 2016, dalla Senatrice Laura Fasiol, del Partito Democratico.

Di cosa dovrebbe occuparsi lo psicologo scolastico?

C’è una vasta letteratura, nel mondo, sul positivo impatto dell’azione dello psicologo nella scuola. Un elemento emergente dalle varie ricerche in merito è che la sua massima utilità si esprime, prima ancora che sul piano della cura del malessere già espresso, su quello della prevenzione del disagio e sul lavoro svolto in funzione del benessere complessivo di chi vive all’interno della scuola. In tal senso, si esprime la fondamentale funzione anche educativa di questa figura professionale.

I compiti previsti sono svariati: supporto all’inserimento degli allievi nel sistema scolastico; sostegno allo sviluppo della loro personalità e delle competenze emotive e sociali; supporto al benessere di allievi e personale scolastico; individuazione precoce dei fenomeni di devianza e disagio; consulenza psicologica, per allievi, personale scolastico e genitori, sul percorso scolastico e sul benessere degli studenti; supporto formativo per i docenti; supporto alla genitorialità.

Un aspetto lamentato dagli psicologi è che si riscontra talvolta una certa confusione nei ruoli, in quanto, ad esempio, in diversi sportelli d’ascolto psicologico nelle scuole sono entrati i counselor, che hanno caratteristiche professionali diverse da quelle degli psicologi.

La garanzia di un rigoroso Codice deontologico

Nel loro lavoro, gli psicologi si richiamano ad un rigoroso Codice deontologico il quale, ad esempio, all’art. 3, afferma che lo psicologo deve “evitare l’uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale. Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro prevedibili dirette conseguenze”.

Gli interventi degli psicologi, anche a scuola, sono del resto sottoposti a precisi vincoli di legge. La Cassazione ha infatti stabilito che gli psicologi possono stare in classe solo a condizione che i genitori degli alunni siano informati della loro presenza ed abbiano dato il loro consenso al fatto che i loro figli possano essere sottoposti ad una osservazione clinica del loro comportamento. In caso contrario, lo psicologo, il ds e l’insegnante presente nella classe commettono il reato di violenza privata, con le relative conseguenze penali.

C’è poi una componente di sviluppo scientifico nell’esercizio della professione, richiamata espressamente, fra gli altri, dall’art. 34 del Codice: “Lo psicologo si impegna a contribuire allo sviluppo delle discipline psicologiche e a comunicare i progressi delle sue conoscenze e delle sue tecniche alla comunità professionale, anche al fine di favorirne la diffusione per scopi di benessere umano e sociale”.

Tutti lo chiedono e tutti lo vogliono, ma…

Gli insegnanti, le associazioni dei genitori e dei presidi, così come le agenzie internazionali (ad es. l’OMS e Unicef) si sono espresse da tempo in funzione dell’istituzione dello psicologo scolastico. Gli studenti sono stati forse i più netti: “il benessere psicologico è un diritto”.

Eppure, a proposito di sportelli di ascolto, governi e assemblee parlamentari, presenti e passati, da questo orecchio non sembrano sentirci ancora molto bene.

V. il “Codice deontologico degli psicologi italiani” (https://www.psy.it/la-professione-psicologica/codice-deontologico-degli-psicologi-italiani/).

V. anche il manuale di condotta professionale, documento del National Association of School Psychologists (NASP), che continene le Linee guida per l’erogazione dei servizi di psicologia scolastica (2000): https://www.psy.it/allegati/manuale_nasp.pdf

Il presente articolo fa parte della rubrica Scienze per la Scuola, curata da Giovanni Morello. Vedi anche il primo articolo pubblicato:

Disturbi del sonno negli studenti anche a causa dell’uso dei dispositivi digitali: cosa può fare la scuola? – Scienze per la Scuola