Mancano pochissimi giorni alla conclusione dei lavori parlamentari relativi al testo unico del pubblico impiego e la situazione non è affatto chiara, anche perchè nelle diverse Commissioni di Camera e Senato il dibattito è stato frammentario con interruzioni e riprese continue.
Neppure le prese di posizione delle parti sociali aiutano a fare chiarezza anche se, per la verità, su un punto sembra che ci sia unità di vedute: i sindacati rappresentativi, auditi in Parlamento, lamentano che il decreto non scioglie il nodo principale che è quello del rapporto fra legge e contratto.
I sindacati sperano che – alla fine – il testo contenga una norma che consenta ai contratti nazionali di modificare le disposizioni di legge, passate, presenti e future inerenti il rapporto di pubblico impiegio.
Su questo punto, però, il Governo non sembra avere intenzione di cedere ed è così che l’impianto della legge Brunetta del 2009 rischia di rimanere sostanzialmente intatto.
Ma, forse, l’incongruenza maggiore è ancora un’altra con il decreto legislativo che verrà approvato non verranno affatto riscritte e riordinate le norme sul pubblico impiego che continueranno ad essere scritte in larga misura nel TU 165 del 2001, con gli aggiornamenti approvati proprio in questa occasione ma anche in altre norme.
Paradossale, per esempio, è il fatto che continueranno ad essere in vigore diverse disposizioni del vecchio Testo Unico n. 3 del 1957.
Vedremo se nei prossimi giorni, in zona Cesarini, le Commissioni parlamentari, introdurranno modifiche significative al testo predisposto dal Governo.