“Quando torneremo a governare rimetteremo in vetrina i gioielli di famiglia del sistema scolastico italiano: scuola dell’infanzia, tempo pieno e modulo a 30 ore con le compresenze. Vogliamo innovare dal basso la scuola secondaria di primo e secondo grado, quella in cui si manifesta il calo degli apprendimenti e la dispersione degli studenti e delle studentesse italiane, attraverso lo scambio di buone pratiche, l’infrastrutturazione tecnologica delle scuole e la formazione in servizio degli insegnanti.
La riforma che serviva l’abbiamo fatta noi e si chiama ‘autonomia scolastica’. Una riforma che per poter essere sviluppata appieno ha bisogno di stabilità di risorse umane e finanziarie. Un organico funzionale stabile per ogni scuola autonoma, con cui poter progettare e sperimentare in libertà l’innovazione didattica che serve ai nostri ragazzi per superare i divari nei livelli di apprendimento, abilità e competenza, rispetto dai propri coetanei europei”.
Ma ha pure aggiunto, con tutta sicurezza: “Un nuovo alfabeto per l’Italia, organizzata dal Pd e in corso di svolgimento a Roma. Il Partito Democratico ha chiesto al Governo Monti di dare un segnale di discontinuità e di tornare ad investire in istruzione. Nel decreto legge sulle Semplificazioni avevamo chiesto più risorse per la scuola perchè le indicazioni dell’Ocse per battere la dispersione sono chiare: per togliere i ragazzi dalla strada, non bastano chiacchiere o buone norme, servono risorse per le scuole dell’infanzia, il tempo pieno, le scuole aperte nel pomeriggio nella secondaria, la formazione in servizio dei docenti e il rilancio della scuola tecnica e professionale con nuovi laboratori e tecnologie avanzate. E noi con il nostro 4,8% del PIL contro una media del 5,7, siamo fanalino di coda tra i Paesi dell’Ocse per investimenti in istruzione”.
“Siamo consapevoli del rigore e delle politiche di risanamento necessari in questo momento, ma siamo altrettanto convinti che parte di ciò che viene recuperato dalla lotta all’evasione fiscale e dalla riorganizzazione della spesa dello Stato, la cosiddetta spending review, deve essere destinato alla scuola. Solo con una scuola di qualità potremo davvero permettere ai nostri figli un futuro da cittadini europei. L’uso delle nuove tecnologie a scuola”, ha infine detto “aumenta l’interesse e le motivazioni dei ragazzi; ma non migliora gli apprendimenti se non lo si accompagna ad un rinnovamento della didattica, che ne sfrutti al meglio le potenzialità cognitive.
Non è tanto un problema, di quanti computer o Lim mettere nelle aule, ma di come usarli, ossia di impostare pratiche didattiche nuove che diano ai ragazzi strumenti per apprendere e per orientarsi nelle diverse realtà digitali e virtuali del loro futuro”.
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