Il dl ‘Colosseo’ approvato al Senato, in via definitiva, equipara il servizio offerto da musei e luoghi della cultura a quello di scuola, sanità e trasporti.
Il provvedimento, varato lo scorso 16 settembre in seguito alla chiusura del Colosseo per un’assemblea sindacale, è passato con il voto favorevole di Pd, Ap, Misto, Cr, Autonomie; contrari M5S, Sel, Fi; Lega Nord si è astenuta.
Il testo specifica che in relazione alla “tutela dell’ambiente e del patrimonio storico-artistico”, rientrano tra i servizi pubblici essenziali non solo “i servizi di protezione ambientale e di vigilanza sui beni culturali”, ma anche “l’apertura al pubblico regolamentata di musei e altri istituti e luoghi della cultura”, facendo specifico riferimento all’articolo 101 comma 3 del Codice dei Beni Culturali, dove si precisa che per ‘istituti’ si intendono biblioteche, archivi, aree e parchi archeologici, nonché complessi monumentali che appartengono a soggetti pubblici. Soddisfatto il ministro Franceschini, che sottolinea come ci sia stata in Parlamento “una larga condivisione”.
Il M5S, invece, ha presentato proposte (tutte respinte) per escludere dalla disciplina i casi di sciopero economico-politico, per aumentare gli organici e per monitorare i poli museali; la Lega ha proposto l’introduzione di premi di produttività per i lavoratori; Cor ha indicato criteri di rappresentatività delle organizzazioni sindacali proclamanti sciopero.
Con il ddl l’esercizio del diritto di sciopero o di assemblea da parte di chi lavora in musei, biblioteche, archivi, aree e parchi archeologici, complessi monumentali pubblici e privati, sarà soggetto ad una normativa più stringente. Il testo specifica che in relazione alla “tutela dell’ambiente e del patrimonio storico-artistico”, rientrano tra i servizi pubblici essenziali non solo “i servizi di protezione ambientale e di vigilanza sui beni culturali”, ma anche “l’apertura al pubblico di musei e luoghi della cultura”.
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Ricordiamo, tuttavia, che nella scuola, considerata già servizio pubblico, gli scioperi non sono poi così inusuali. Anzi. Perché lo scorso anno, ha ricordato di recente il presidente della commissione di Garanzia, Roberto Alesse, gli scioperi nel settore della scuola hanno subito nel 2015 “una brusca impennata con 52 proclamazioni e 45 azioni di sciopero nazionale effettive. L’aumento rispetto al 2014 (in cui gli scioperi sono stati 16) è stato del 200%”.
Considerando che il 2015 deve ancora finire e che i sindacati sembrano orientati di nuovo a mobilitarsi (stavolta per il rinnovo del contratto, la cui trattativa non sembra proprio essere nata sotto una “buona stella”), il record sul numero di scioperi potrebbe essere ancora “migliorato”.
Ma la vera “stretta” potrebbe arrivare presto dal Governo, che sta pensando ad un nuovo regolamento, che salvaguardi in modo maggiore proprio i servizi pubblici: assieme alla riduzione dei comparti pubblici, da 11 a 4, l’Esecutivo sta si accinge a proporre la fine della proclamazione degli scioperi da parte tutte le sigle sindacali. Con quelle meno rappresentative che non avrebbero più nemmeno la facoltà di indire lo sciopero.
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