Si narra, in un romanzo francese, di un magistrato che, interrogato su cosa sia la giustizia, ebbe a rispondere: “che vuoi che ne sappia, sono solo un giudice”.
Parafrasando in contesti diversi, come la scuola, o la politica, o l’economia, o la cultura…
Fermiamoci al nostro mondo, cioè alla scuola di oggi.
Sinceramente non saprei rispondere alla domanda di quanti docenti siano in grado di cogliere in controluce quella risposta. Credo molti, ma non tutti.
Traducendo. Quanti si rendono, cioè, conto dello sfondo socratico, culturale, di ogni percorso di studio? Che la cultura è un passare attraverso le informazioni, le conoscenze, le nozioni?
La cosa è, forse, più evidente alle superiori, per il vincolo dei contenuti, i quali solo raramente vengono presentati come indagini di struttura centrate su metodi, cioè su sentieri che domandano sempre oltre. Quel domandare-oltre, cioè, che mostra il vero senso della ricerca, la quale pretende comprensione e capacità di rielaborazione.
Ma per almeno intuire questo passo-oltre, diventa dunque fondamentale non solo il che, ma un perché che dica anche il come. Cioè un contenuto che dica anche il metodo, che si faccia metodo, non per far evaporare lo stesso contenuto, ma per farlo con-prendere come pensato che pretende un pensante che, appunto, lo comprenda.
Nelle diverse forme di valutazione riusciamo a far emergere la rotta di questi sentieri? Quelli che portano e richiedono poi l’autovalutazione da parte anzitutto degli stessi studenti, ma poi anche degli stessi docenti…