Gentile Ministra, sono uno dei tanti insegnanti che mercoledì 7 ottobre hanno seguito il suo intervento durante il tg7 delle ore 20,00.
La prima cosa che ho notato, al di là delle considerazioni di merito (alcune condivisibili altre meno), è stata la seguente: nonostante tra lei e il direttore Mentana vi fossero circa due metri di distanza entrambi indossavate la mascherina.
Quella scena ha fatto nascere in me il desiderio di rivolgerle – senza spirito polemico – alcune domande, al fine di comprendere appieno la ratio di alcune disposizioni che riguardano il mondo della scuola, anche in considerazioni delle recentissime norme che impongono l’uso della mascherina all’aperto, negli uffici e, più in generale, sul posto di lavoro. Il Presidente del Consiglio, durante un’intervista televisiva, si è spinto ad affermare che persino in casa sarebbe opportuno utilizzarla qualora si riceva la visita di qualche amico o parente.
- Perché nelle aule scolastiche non è previsto l’obbligo di indossare la mascherina nonostante siano presenti contemporaneamente decine di giovani e uno/due insegnanti?
- La scuola, contesto frequentato da diverse centinaia di giovani quotidianamente, è più o meno rischiosa di uno studio televisivo, di un ufficio, di un’abitazione privata frequentata da amici e parenti?
- Docenti e personale Ata sono da considerarsi lavoratori al pari degli altri?
Gentile Ministra, io ho contatti quotidiani con circa 90 alunni di età compresa tra i 14 e i 19 anni, divisi in quattro classi che superano le 20 unità. Una di queste, addirittura, raggiunge quota 28.
Nel mio istituto, inoltre, le finestre si possono aprire soltanto a vasistas (non mi chieda perché: è una storia lunga e incresciosa) e ciò non garantisce l’adeguato tasso di ricambio d’aria, come prevedono le norme vigenti. Tutto questo determina un aumento della temperatura e dell’umidità interna agli ambienti esponendo alunni, insegnanti e personale Ata a rischi ancora maggiori.
La situazione della scuola italiana è molto variegata e la rappresentazione televisiva che viene fatta – forse con troppa insistenza – in questi giorni, in molti casi, non trova riscontro nella realtà.
Non mi soffermo su quanto accade sui pullman, nei pressi delle fermate dei mezzi di trasporto, all’entrata e all’uscita delle scuole, poiché si tratta di criticità note che difficilmente potranno trovare una soluzione in tempi brevi.
Gentile Ministra, alla luce delle considerazioni sopra evidenziate, la prego a mani giunte di voler prendere in considerazione l’ipotesi di passare alla didattica a distanza almeno sino a quando non si potrà disporre di un vaccino.
Giuseppe Iaconis