In vista dell’apertura delle operazioni di Mobilità per il 2014, per le quali si attende il contratto definitivo e il Decreto per le domande, e dell’aggiornamento delle GAE e delle GI, atteso per la prossima primavera, non ci rimane altro che commentare sbigottiti quanto leggiamo in questi giorni. Riguardo alla prima questione, infatti, siamo di fronte all’ennesima contraddizione visto che sarà possibile, per gli insegnanti a tempo indeterminato in altri ordini di scuole, accedere all’insegnamento nella scuola primaria, purché in possesso del titolo abilitante necessario! Il punto esclamativo è d’obbligo, dal momento che, tra i titoli abilitanti, compare il diploma magistrale, purché conseguito entro l’anno scolastico 2001/02. Tutti sanno, ormai anche i muri, che la battaglia condotta dai Diplomati Magistrali per ottenere il riconoscimento loro dovuto è stata caratterizzata da scontri politici e polemiche di ogni tipo, ultima in ordine di tempo, l’opposizione delle facoltà di Scienze della formazione primaria all’attivazione dei PAS, per questa categoria di docenti. Eppure, ai PAS, si deve accedere con una comprovata esperienza professionale pluriennale nella classe di concorso per la quale si richiede la frequenza al PAS stesso. Per un docente di altro ordine di scuola, invece, questo requisito non è richiesto, purché in possesso del titolo. Ora ci chiediamo: perché ancora usare due pesi e due misure? Perché aumentare la già critica situazione nell’ambito dell’assegnazione di incarichi e supplenze nella scuola primaria in presenza di insegnanti qualificati e con esperienza? Certo, la mobilità è un diritto, non ci opponiamo a questo in linea di principio, ma ci risulta incomprensibile la scelta di valorizzare un tratto della formazione di un docente già attivo nella scuola ma in un ordine diverso, quando lo stesso titolo di studi è bersagliato da più parti, in ambito accademico, quanto politico e istituzionale.
Altra non secondaria preoccupazione, è quella derivante dall’annunciata svolta “epocale” della scuola italiana, alla quale ci sta preparando il Ministro Carrozza. Già provati dalla svolta epocale della Gelmini, che ci ha lasciato delle ferite indelebili, temiamo che si sia di fronte ad un “omicidio” di Stato, fatto a colpi di tagli ulteriori, di riduzione di un anno per le scuole secondarie di secondo grado, di un “potenziamento” dell’autonomia scolastica, di un definitivo stravolgimento della figura del dirigente scolastico, non più integrato ma esterno, per non dire avulso, rispetto all’istituzione che dovrebbe dirigere.
E tra le minacce di prelievi forzati sugli stipendi degli insegnanti, l’idea, forse non accantonata del tutto, di un aumento delle ore di insegnamento, le serie ripercussioni che avranno le nuove direttive ministeriali rispetto alla gestione dei BES e dei DSA, le classi pollaio, gli edifici scolastici fatiscenti, il precariato, i tagli delle ore di laboratorio e di materie fondamentali quali la storia dell’arte, la storia, la geografia, il sistema della registrazione elettronica delle attività scolastiche, per lo più inattuabile a causa del mancato adeguamento telematico delle scuole, ecc, la scuola italiana è più simile ad un girone dantesco che ad uno dei cardini sociali e culturali del Paese.
E in più, nonostante sia stato persino sollevato il dubbio di legittimità sulla chiusura delle graduatorie permanenti, che non permetterebbe ai neoabilitati di accedere ai ruoli nella scuola pubblica, al pari dei propri colleghi, oggi viene paventato il rischio di delegare i dirigenti scolastici per le nomine dei docenti, in barba della trasparenza, dell’oggettività e del principio costituzionale di imparzialità, trasferendo la materia del reclutamento a indirizzari mail di scuole che tendono alla privatizzazione.
Insomma, se queste sono le premesse per la svolta epocale annunciata per la scuola pubblica prevediamo una stagione di dure battaglie politiche.
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