I lettori ci scrivono

Qualche risposta a Condorcet

Vorrei provare rispondere all’intervento del collega Rocchi del gruppo Condorcet che si pone domande a cui è abbastanza agevole rispondere anche se lui le giudica, sulla base di sapienti collages di dichiarazioni apparentemente contraddittorie, insolubili.

La prima domanda di Rocchi è di carattere non pedagogico ma normativo.

“Perché essere contrari al prolungamento dell’anno scolastico?” si chiede Rocchi.

Perché il pro-lungamento presuppone, lo scrivo volutamente non in giuridichese, un “accorciamento” precedente.

I rapporti di lavoro anche se di tipo intellettuale come quelli degli insegnanti sono, ahimè, normati anch’essi.

Questo preteso “accorciamento” del tempo-scuola non è suffragato da nulla perché in nessun caso, in nessuna Regione d’Italia, la sospensione delle attività in presenza è coincisa con la sospensione de facto delle attività didattiche svolte attraverso DID .

Una ulteriore prova di quanto affermo è nella semplice considerazione che se l’anno fosse durato meno o destinato a durare meno rispetto alla durata legale prevista, esso non sarebbe valido.

In zona rossa le scuole sono chiuse ma l’attività didattica si svolge, quest’anno scolastico, con tanto di registri firmati  e scrutini quadrimestrali regolarmente effettuati, a distanza.

Leggo dalle note biografiche che il collega Rocchi insegna Lettere e non voglio,perciò, “prolungarmi”  anch’io in riferimenti normativi che potrebbero essere di ostacolo al confronto.

Passiamo al cotè pedagogico e cioè sul perché è (sarebbe) cambiata la visione rispetto alla DAD?

Per qualche altra ragione banale che illustro rapidamente, sollevando ancora Rocchi dal dubbio di un’altra domanda destinata,secondo lui, a non avere risposta. .
Quando Rocchi si scandalizza per la critica radicale di matrice sindacale  alla nota ministeriale n. 388 (non circolare , Rocchi, semplice nota ministeriale e ovviamente non è solo una questione nominalistica) relativa alla DAD, a firma Marco Bruschi (a cui seguì ,poi, il famoso “State zitti e non disturbate il manovratore” rivolto ai sindacati, prima firmataria la DS Amanda Ferrario e pubblicato sul sito “sindacale” di Indire ) dimentica di scrivere che il Capo Dipartimento dell’allora Ministro Azzolina riteneva, sbagliando, che la didattica a distanza fosse esistente e normata.

Bruschi scriveva testualmente nella nota di “quadro normativo esistente coerente”.
Peccato che era talmente esistente e corente il quadro normativo cha la didattica a distanza è stata oggetto di un successivo contratto integrativo.

Se fosse stata normata e compatibile col quadro normativo precedente non ci sarebbe stata necessità di alcun contratto.

Quindi, caro Rocchi, se rilegge la sua citazione del Vigilante di luglio 2020 egli dice una verità semplice da capire: se non c’è un quadro normativo nuovo , la didattica a distanza , semplicemente, non esiste giuridicamente ed io sono stato assunto per un’altra modalità di prestazione di lavoro.

Chiarito quindi il diverso scenario anche normativo, qual è perciò la differenza tra DAD dello scorso anno e DID di quest’anno?

La differenza che passa tra una attività amatoriale (e non sembri singolare o strano l’uso di questo aggettivo) e una attività strutturata e quindi professionale.

L’anno scorso  ci siamo dedicati anima e corpo alla coesione sociale ed al tenere avvinti a noi i nostri studenti senza che li perdessimo nel lockdown,inventandoci letteralmente qualcosa che non esisteva nemmeno dal punto di vista normativo; quest’anno stiamo svolgendo la didattica a distanza, introdotta con un contratto integrativo vigente ed operante, con equilibrio,metodicità, organizzazione, risultati e difficoltà spesso più frutto di campagne mediatiche (un noto quotidiano nazionale è arrivato ad usare nei titoli la parola “tortura DAD”) che non reali.

Cosa ci trova di inspiegabile Rocchi in questo?

Che si utilizzi una modalità didattica necessitata dallo stato di pandemia?

Che la si ritenga una modalità didattica “ordinaria” per quel che può valere questa espressione al tempo di COVID 19?

Ma, del resto, se fosse una modalità deleteria e da evitare hic et nunc e allora perché ci si è dedicati a implementare quella che si chiama didattica integrata?

Ed infine: se Rocchi fosse un ingegnere, allungherebbe un ponte non crollato e che congiunge i due rami della strada anche se con un percorso magari accidentato?

Ancora: durante la guerra i rifugi antiaerei erano sicuramente insalubri ma a qualcuno sarebbe venuto in mente di preferire le bombe all’aria viziata?

Forse lo stiamo dimenticando, ma quella al COVID 19 è una “guerra”, un po’ particolare ma sempre guerra è.

Franco Labella

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