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Quale credito dare ai crediti formativi?

In seguito alla diffusione del Decreto Ministeriale n. 452 del 12 novembre 1998, riguardante l’individuazione delle tipologie di esperienze che danno luogo ai crediti formativi, dopo un primo momento di stupore, seguito ovviamente da delusione, parecchi studenti non si sono persi d’animo e hanno cambiato rotta: hanno proseguito la maratona per l’accaparramento ai crediti formativi all’esterno della scuola, favorendo l’incrementarsi di un business che, si suppone, non conoscerà crisi, almeno nell’immediato futuro.
Il primo articolo di tale Decreto, infatti, è lapidario e non lascia spazio a supposizioni: le esperienze utili per guadagnarsi i crediti formativi sono acquisite al di fuori della scuola di appartenenza, in ambiti e settori della società civile legati alla formazione della persona e alla crescita umana, civile e culturale quali quelli relativi, in particolare, alle attività culturali, al lavoro, all’ambiente, al volontariato, alla solidarietà, alla cooperazione, allo sport.
La disposizione ministeriale parte dal presupposto che oggi si apprende anche fuori dalla scuola e che le conoscenze e le abilità acquisite nel corso degli anni al di là delle pareti delle aule scolastiche devono avere un riconoscimento e devono essere valorizzate: di qui la loro validità ai fini dell’attribuzione dei crediti formativi agli studenti che sono in possesso di certificati che possono comprovare il possesso di tali abilità e competenze.
La disposizione ministeriale è teoricamente condivisibile, ma suscita parecchie perplessità per il fatto che la scuola non verifica l’effettivo possesso delle competenze e delle abilità di coloro che esibiscono i certificati, ma si limita a visionare e a prendere atto della legalità dei documenti prodotti. Il timore, non peregrino, infatti, è quello che la corsa all’acquisizione dei crediti formativi faccia perdere di vista agli studenti e alle famiglie l’obiettivo istituzionale della scuola, che è quello educativo, e inneschi un meccanismo perverso che nel giro di qualche mese vedrà fiorire "agenzie educative" o associazioni che sforneranno atleti, volontari, artisti, ecologisti nella sostanza poco credibili, ma garantiti da un pezzo di carta valido a tutti gli effetti legali.

Anna Maria Di Falco

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