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Quale futuro per la lingua italiana?

In tutti i campi dell’organizzazione sociale e dell’agire umano, dal lavoro all’impresa, al tempo libero, dalle scienze alle tecnologie e alle arti, dalla comunicazione alla politica, dall’economia al diritto e finanche alle istituzioni, con intensità crescente da tempo si vanno realizzando a livello mondiale sviluppi inconsueti che danno luogo ad una molteplice produzione di concetti nuovi e al conseguente uso di sempre nuovi termini, nuove espressioni linguistiche. Le parole che esprimono i nuovi concetti progressivamente si vanno diffondendo senza mediazione oltre i confini delle culture di appartenenza, con la conseguenza che una crescente massa di termini stranieri entra nel repertorio comunicativo di popolazioni di lingue e culture diverse. Nel corso della storia le contaminazioni tra sistemi linguistici e culturali diversi, quando non siano avvenute in conseguenza di eventi traumatici come guerre o invasioni, sono state generalmente fattori rigenerativi dei sistemi medesimi. Tuttavia oggi la crescente rilevanza e la rapidità dell’introduzione nel nostro repertorio linguistico di parole appartenenti a lingue diverse dall’italiano, configurano un vero e proprio processo di colonizzazione culturale destinato, nel tempo, a rendere sempre più obsoleta la lingua italiana.
Sottrarre la nostra lingua a tale processo degenerativo è necessario per salvaguardare un aspetto rilevante del nostro patrimonio culturale e della nostra identità.
Ma ciò è possibile se la lingua italiana a sua volta si rinnova e soprattutto si arricchisce di quelle parole che oggi servono a esprimere quei concetti nuovi che da ogni parte del mondo e in ogni campo dell’agire umano la modernità e il progresso ci propongono in misura crescente. Non si tratta dunque di tornare a forme arcaiche e superate da tempo: anche l’italiano, come ogni lingua, è soggetto a evoluzione; il problema è che di evoluzione si tratti e non di una subalterna (superficiale, modaiola, mass-mediatica) importazione di parole da altri idiomi!
Cosa diversa è la conoscenza e l’uso di una o più lingue straniere, assolutamente auspicabile per tutti; ma questo ancor più giustifica l’esigenza di una maggiore attenzione collettiva ad un uso estensivo, pieno e corretto, della lingua italiana.
A chi spetta elaborare le parole nuove che servono per ammodernare e far vivere la nostra lingua?
Un’ attività di elaborazione e di ricerca che vedesse impegnati studiosi ed esperti della lingua italiana produrrebbe risultati certamente significativi. Tuttavia un ambito di elaborazione e di ricerca troppo ristretto, ancorché qualificato, proprio a causa di tale ristrettezza, potrebbe non essere sufficiente a suscitare quella diffusa sensibilizzazione necessaria affinché, in alternativa ai termini stranieri importati, si affermi l’uso di parole italiane, anche nuove.
La proposta che qui avanziamo prevede una partecipazione ampia di interlocutori, che tuttavia non disdegna, anzi richiede anche il contributo degli esperti; una partecipazione che proprio per la sua ampiezza possa maggiormente contribuire alla effettiva diffusione nel comune repertorio linguistico di parole italiane, nuove o rinnovate.
L’“Accademia-sito delle parole nuove”, che qui proponiamo, vuole offrire ad ogni frequentatore del sito, in riferimento a un qualunque termine straniero importato, la possibilità di suggerire, elaborare, inventare la corrispondente parola italiana, eventualmente accompagnando la proposta con qualche riga di motivazione; proposta che, a sua volta, senza alcun filtro, si troverà immediatamente sottoposta alla valutazione degli altri frequentatori del sito i quali, a loro volta, potranno esprimere un parere o, analogamente, formulare osservazioni e/o nuove proposte, e così di seguito. In tal modo nell’Accademia-sito si andranno ad accumulare nel tempo, ciascuna con accanto la eventuale motivazione e il nome (o la sigla) del proponente, tutte le proposte di parole italiane sostitutive dei corrispondenti termini stranieri.
In questo modo attraverso l’Accademia-sito si verrà a creare nel tempo un repertorio – tanto più autorevole quanto più partecipato – di parole italiane da cui attingere in alternativa all’uso di parole appartenenti ad altre lingue.
Si realizzerà in tal modo non solo un confronto collettivo, senza barriere sociali o culturali, sulla specifica questione di quali parole italiane usare in sostituzione di quelle importate da altre lingue, ma, se pur indirettamente, si creeranno anche le premesse per un’ampia, democratica riflessione generale sulla lingua italiana, cioè su una componente fondamentale della nostra identità culturale.
Andrea Carlino

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