Tutto sarebbe nato dall’ evidente aumento dei casi di disgrafia e discalculia tra i bambini delle scuole elementari: «In un primo momento mi sono allarmato, poi però ho pensato che non potesse trattarsi di una regressione patologica generalizzata. Così mi sono chiesto: non sarà che i bimbi hanno questo problema perché non scrivono più a mano? Perché hanno sostituito la scrittura manuale con attività e operazioni mediatizzate dalla tecnologia?»: a parlare è il prof Benedetto Vertecchi, mentre tale problema sarà affrontato durante il convengo internazionale «La scrittura a mano ha un futuro?», organizzato dall’Associazione calligrafica italiana in occasione del XXV anniversario dalla sua fondazione.
Ospiti della due giorni, scrive Il Sole 24 Ore, saranno calligrafi, graphic designer, artisti, storici, professori, autori e ricercatori, ben sapendo che per esempio già in Finlandia, da quest’anno, l’insegnamento del corsivo nelle scuole non è più obbligatorio.
E allora l’utilità della scrittura a mano oggi ci interessa ancora? Perché insegnarla ai bambini 4.0? Cos’è la calligrafia ai nostri giorni? Quale la relazione tra mente e scrittura?
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«La sostituzione della scrittura manuale con quella digitale ha conseguenze non indifferenti sullo sviluppo mentale del bambino, sulla sua capacità di coordinamento percettivo-motorio e sulla sua memoria», spiega Vertecchi. «Chi è abituato, sin dalla tenera infanzia, a usare tastiere presenta maggiori difficoltà nel produrre segni alfabetici ed è destinato a elaborare testi più scadenti sia dal punto di vista ortografico sia da quello lessicale. È evidente che bisogna rivalutare l’insegnamento della scrittura a mano nelle scuole: solo questa, infatti, consente una interiorizzazione e una continuità tra mente e mano, attività mentale e sua trasposizione fisica, concreta, manuale, appunto. La scrittura è una soluzione semplice, di una semplicità che solo millenni di pratiche culturali sono in grado di assicurare. È proprio questa semplicità che conferisce il massimo di libertà al pensiero di chi scrive».
Anna Ronchi, calligrafa e docente, riporta Il Sole 24 Ore, al convegno proporrà «nuovi metodi e modelli per salvare la scrittura a scuola, che non è importante solo per l’apprendimento e la formazione del bambino, ma è una delle forme di comunicazione più antica ed espressiva del sé, della propria personalità. È cioè la forma più semplice e intima che abbiamo per esprimere noi stessi, eppure da anni, mentre rinasce l’attenzione per la calligrafia, sta tramontando l’interesse per la scrittura, in primis da parte di insegnanti ed educatori».
«Ai giovani e giovanissimi interessa ancora scrivere a mano? Dall’esperienza vissuta tra i ragazzi, preadolescenti e adolescenti delle scuole medie soprattutto, la mia risposta è “Sì!”.
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