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Quando i sindacati rifiutarono l’offerta di Andreotti

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Si potrebbe ricordare Giulio Andreotti per il suo sarcasmo e suoi aforismi (famosissimo “il potere logora chi non ce l’ha”), ma a noi piace ricordarlo per un particolare momento della sua vita politica, che si intreccia con il mondo della scuola e segna l’inesorabile declino della prima repubblica e anche del settore della conoscenza. È del tutto evidente che l’aforisma pungente del potere che logora coloro che non lo esercitano, non solo è una considerazione cinica ed assolutamente vera, ma rappresentava e rappresenta tutt’ora uno spaccato della nostra Italia, dove il potere e il denaro predominano anche sui principi etici e morali.
Durante il settimo governo Andreotti, durato un anno dall’aprile 1991 all’aprile 1992, quando alla Pubblica Istruzione sedeva Ricardo Misasi, il contratto della scuola era scaduto scandalosamente da oltre 14 mesi, e i sindacati chiedevano urgentemente il suo rinnovo con un aumento in busta paga di almeno 380mila lire. Andreotti, abile stratega politico, decise di incontrare i sindacati, nel tentativo di scongiurare lo sciopero unitario del 23 marzo 1992. 
Le richieste dei sindacati Cgil, Cisl, Uil, per gli aumenti stipendiali non erano nelle disponibilità del Governo, che nonostante le difficoltà economiche, tentò fino all’ultimo un accordo, prima della fine della legislatura. I margini di manovra, per il rinnovo di quel contratto, erano strettissimi anche per la spietata vigilanza da parte di Confindustria che più volte era intervenuta per rammentare al governo che i tetti programmati di inflazione sono la barriera per qualunque contratto pubblico. 
Addirittura il direttore generale di Confindustria, Innocenzo Cipolletta, aveva consigliato di non “sprecare soldi per il contratto dei professori che sono troppi e poco efficienti”
Questo ricordo dell’Andreotti politico, segna i prodromi inequivocabili di quanto oggi stiamo vivendo, con un contratto scaduto da tre anni e mezzo; ma questa volta non si vedono Andreotti all’orizzonte capaci di offrire, come fece il senatore in quella occasione, 200 mila lire con scadenza a settembre ’93.
Quello fu l’inizio di quello che si può definire come il declino inesorabile della scuola pubblica.
Oggi Andreotti ci ha lasciato e il contratto della scuola è in profonda agonia.