“Che peccato, come mi dispiace che E. non sia più qui”: mobbing continuo e in classe “baccano, risolini, e poca o nessuna collaborazione da parte degli studenti che lo invocano per nome… tanto che si prevede un consiglio di classe anche con i genitori” perché la sua sostituta non sarebbe in grado di restituire stesse prestazioni estetiche.
Ma la supplente, scrive Il Salvagente, nella rubrica dedicata e riportando la lettera di rimostranza, è altrettanto “giovane, ma donna con una voce debole e affettuosa… con una mia modalità di spiegazione che ritenevo producente… con una attenzione speciale agli alunni… Eppure mi sembra di essere vittima del loro bullismo, mi ignorano coalizzati contro di me, ormai mi sono arresa: entro in classe e faccio lezione alle finestre e ai banchi in mezzo al caos…”
Seguno i consigli del giornale, condivisibili, ma la questione rimane: quanto vale il lato estetico di un docente? E come si sente un supplente che supplisce una tale autorità armoniosamente avvenente e forse anche culturale e di affabulazione?
Anche questo è uno dei drammi e uno dei problemi quotidiani delle scuole, dove, oltre agli sberleffi dello Stato sugli stipendi, i contratti, le graduatorie, le leggine, i conteziosi, le abilitazioni, i Tfa , le classi pollaio, i presidi padroni e tutto il resto che non elenchiamo, ci sono pure piccoli, o grandi, tragedie, a seconda della sensibilità di ciascuno e che si vivono quotidianamente. È giustificabile o comprensibile la prof supplente che dice di subire una continua umiliazione perché non ha i carismi estetici del suo predecessore? È possibile allora immaginare un esame psicofisico-estetico per i docenti prima di mandarli in classe? Chissà se qualcuno non proponga una sorta di “tronistra-prof” da mandare in cattedra?