La Tribuna di Treviso pubblica l’audio registrato in classe da un alunno mentre l’insegnate riprende una ragazza che non vuole essere interrogata nonostante la verifica sia stata programmata. Dopo la replica, non esattamente educata della studentessa, l’insegnante si lascia prendere da uno sfogo che oggettivamente degenera al di là dello stretto ruolo della prof.
Il problema è però, secondo noi, un altro: il pericolosissimo uso che si può fare dei mezzi tecnologici da parte di minorenni per spiare i docenti in classe nel corso del loro lavoro di educatori e di portatori di conoscenze. Ma anche, oltre che in casi come questo, per metterli alla berlina in caso di possibili smarrimenti e di errori, di umiliarli, pubblicando i video, togliendo loro quelle sicurezze necessarie per far un buon lavoro a scuola.
C’è il rischio insomma che una sorta di telecamera nascosta, manovrata da ragazzini inconsapevoli e incoscienti, possa essere sempre puntata sul lavoro dei prof; il fantasma di un occhio tecnologico “disonesto” acquattato nell’ombra che ne spii i movimenti e gli errori, e pure l’animo più intimo con le sue inevitabili inquietudini.
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