“Programmata in modo condiviso dal consiglio di classe, svolta durante l’anno scolastico (meglio se interrompendo le lezioni) e direttamente in azienda, valutata nel giudizio finale sullo studente. L’alternanza scuola-lavoro, quando funziona davvero, funziona così. Quando invece non decolla, diventa adempimento burocratico, mal digerito dalle scuole e tradotto in un aggiustamento dei tirocini o, peggio, in esperienze simulate”.
In Lombardia, spiega Il Sole 24 Ore, si lavora per definire “insieme con la Camera di Commercio Metropolitana e le altre Associazioni di categoria, un modello di servizi per l’alternanza che, da un lato, assista e faciliti le aziende negli adempimenti normativi e dall’altro garantisca un affiancamento all’impresa nell’inserimento dei giovani nei percorsi scuola-lavoro”.
Dalla Lombardia dunque arrivano i primi risultati incoraggianti e dove gli studenti coinvolti sono 200 mila in 729 scuole statali e 376 paritarie.
I punti cruciali sono, specifica Il Sole 24 Ore, programmazione e valutazione, “per capire se la pratica dell’alternanza risponde davvero agli obiettivi. Ma la discriminante principale è ovviamente nelle modalità concrete di svolgimento: l’alternanza reale combina attività a scuola e tirocini operativi in azienda e l’88% delle scuole lombarde ha scelto questa strada, relegando ai margini le opzioni “alternative” delle simulazioni d’azienda.
“Anche il calendario offre elementi utili di valutazione: nel 90,5% dei casi le scuole lombarde collocano l’esperienza in azienda all’interno dell’anno scolastico e solo il 9,5% degli istituti lo sposta in estate sul modello dello stage. In due terzi dei casi, il periodo in azienda supera le 80 ore”.
“L’esperienza in azienda si inserisce così a pieno titolo nel percorso didattico e non viene confinata come elemento utile solo a soddisfare gli obblighi di legge più che le esigenze degli studenti. In un caso su tre, le scuole che interrompono le lezioni nelle settimane dell’alternanza non modificano i programmi, mentre il percorso si deve concludere nella valutazione, che anche per la scuola”.
Se infatti il meccanismo si basa su un “progetto formativo pensato per competenze, e non si limita a una semplice appendice della didattica tradizionale, diventa ovvio far entrare la valutazione dei tutor aziendali nella “pagella” finale dello studente. E, almeno in Lombardia, il 76,1% delle scuole dichiara di seguire una valutazione complessiva delle attività svolte in azienda”.
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