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Quando l’Accademia della Crusca valutò gli esami di Stato

Ci fu un anno in cui, l’anno scolastico 2008/09,  l’accademia della Crusca fu coinvolta dall’Invalsi per capire come i ragazzi della nostra scuola superiore usassero la lingua italiana scritta.  A questo scopo furono presi dei campioni dei temi elaborati dai ragazzi nell’ultima sessione degli esami di stato e vagliati dagli esperti linguisti che ne trassero un  risultato del tutto sconfortante,  a una sorta di Caporetto dell’italiano.

545 temi e le 4 competenze da giudicare

Gli elaborati esaminati furono 545, tenendo conto delle tre tipologie di percorsi degli studi superiori: licei, tecnici e professionali, mentre quattro le competenze valutate: testuale, grammaticale, lessicale-semantica e ideativa.

Ad ogni accademico della Crusca furono consegnati una cinquantina di temi da giudicare, e per ognuno di essi una scheda di valutazione da compilare.

Una verifica mai tentata

Lo stesso elaborato fu pure affidato a due correttori i quali agirono in maniera autonoma ed indipendente tra di loro, per rendere il più possibile oggettiva una verifica mai tentata nel nostro sistema di istruzione.

Risultati sconfortanti

Nel dettaglio i risultati usciti da queste speciali urne lessicali furono i seguenti: il 58% delle prove per la competenza testuale, il 54,1% delle prove per la competenza grammaticale, il 63,2% delle prove per la competenza lessicale-semantica, il 58,9% delle prove per la competenza ideativa apparvero tutti insufficienti.

Anche nei licei il 33,8% degli scritti  risultò non soddisfacente

Ma non finirono qui le sorprese perché subito dopo gli stessi temi furono comparati con i giudizi delle commissioni di esame e venne fuori che gli scritti giudicati negativamente  dagli accademici della Crusca furono invece valutati positivamente dai professori, tranne un 12,6% il cui giudizio apparve similare.

Il giudizio degli accademici

“Nel giudizio dei correttori, dopo almeno 13 anni di scuola, la gran parte degli allievi frequentanti gli istituti tecnici, che pure sotto altri profili si dimostrano buone scuole, non raggiunge un livello sufficiente di padronanza della lingua italiana”: questo il commento che si legge nel Rapporto, insieme all’invito a “recuperare nella istruzione secondaria superiore lo studio della grammatica che spesso si esaurisce nella media.”

E spontanea ci viene una domanda: cosa succederebbe e quali esiti avremmo  se quell’esperimento venisse ripetuto nel 2020?

Crusca

Pasquale Almirante

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