L’ho notato tante volte. Ragazzi che, negli anni del liceo, si mostravano brillanti e promettenti ma che poi, nel periodo universitario, si sono rivelati deludenti.
Altri, invece che, nell’adolescenza, mancavano di strumenti cognitivo – lessicali per organizzare pensiero e produzione linguistica, hanno dimostrano, in seguito, discernimento e determinazione, conseguendo titoli professionali veloci e socialmente spendibili, con risvolti occupazionali immediati.
Più di una volta ho ricevuto queste salutari lezioni dalla vita. Quanti giovani, notevolmente carenti sul piano logico-argomentativo, negli anni in cui erano miei alunni, li ho ritrovati inseriti nel mondo del lavoro, cresciuti in capacità ed autostima.
Morale della favola. Bisogna comprendere che il grafico della nostra esistenza non si compone d’una luna linea orizzontale, che esprime la dimensione temporale, e di due perpendicolari che rappresentano il progetto ideale, la prima, e la realizzazione o meno dello stesso, la seconda.
Piuttosto, la nostra vita si esplica in tre linee sinuose, ravvicinate e divergenti senza posa. Esse corrispondono a ciò che un uomo ha creduto di essere, a ciò che ha voluto essere, a ciò che è stato. L’ideale, le scelte, la realtà.
Cosa c’è di più, nel secondo schema, che nel primo non c’è? La capacità di scegliere, quel miscuglio di discernimento e di determinazione di cui si parlava sopra.
Molte persone non hanno la capacità di coniugare le aspettative giovanili con le possibilità concrete offerte loro dalla realtà del mondo del lavoro e rimangono come sospesi tra aspirazione e delusione, forse per tutta la vita.
A loro manca qualcosa che possiamo chiamare “senso del reale”.
Ma, attenzione, è sempre possibile ammettere questo deficit e, con umiltà, cambiare impostazione. Lo scopo della vita è lo sviluppo del nostro io, anche nelle capacità concrete ed operative.
Credo che nell’orientamento universitario, ai nostri giovani, occorre parlare molto di questo.
Luciano Verdone
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