Il titolo è “La bala” (il proiettile), un ottavo singolo del disco campione di vendite “Entren los que quieran”,che è ormai un manifesto contro le armi, autentica piaga in America Latina e Caraibi.
In questa regione, dice l’Onu, è stato commesso il 31% dei 468 mila omicidi registrati nel 2011. Una scia di sangue infinita che ha fatto protendere l’Unicef a decidere di coprodurre il video, presentato a Città del Messico con lo slogan “Non lasciare che la pallottola abbia l’ultima parola”. “Io sparo con le parole”, dice René Perez, alias Residente, leader del gruppo cresciuto a Trujillo Alto, sobborgo della capitale San Juan.
Le sequenze del video descrivono la traiettoria di un proiettile invisibile: dal momento in cui il percussore lo colpisce fino all’impatto con la carne umana. Sul suo cammino lascia centinaia di vittime, un domino immaginario di persone che cadono, macchiando tutto il pianeta: da New York a Tokyo, da Buenos Aires a Tel Aviv. Ma la violenza non è esibita: non appare nessuna traccia di sangue. L’effetto drammatico della morte improvvisa è assicurato dall’uso del rallentatore e dall’indifferenza di chi vi assiste.
Il video è stato girato in undici Paesi: Giappone, Stati Uniti, Germania, Argentina, Ecuador, Spagna, Francia, Olanda, Israele, Messico e Porto Rico.
Il successo è stato immediato, anche grazie al passaparola virtuale sui social network: in pochi giorni ha superato 360 mila visualizzazioni su YouTube.
“Il video affronta un problema che ha raggiunto livelli epidemici – dichiara Bernt Aasen, direttore dell’Unicef in America Latina -: i bimbi e gli adolescenti sono i soggetti più vulnerabili alla violenza. Anche quando non li colpisce direttamente lascia cicatrici indelebili”.
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