Con calore e tenacia l’on Luigi Berlinguer, già Ministro dell’Istruzione, ha difeso il principio del diritto all’istruzione che la Costituzione sancisce, dando facoltà ai cittadini di istituire scuole che sono “investimenti pubblici” di educazione e che lo Stato ha il dovere di sostenere e di agevolare.
L’istruzione è, infatti, un diritto e un dovere a garanzia del pluralismo culturale che si alimenta della qualità delle proposte educativa.
La scuola un tempo “privata” e, a volte, organizzata senza le necessarie garanzie professionali e dei percorsi didattici, con la Legge 62 del 2000, che porta la firma del Ministro Berlinguer, è stata normata come parte integrante del Sistema Nazionale dell’Istruzione, con la dicitura di “scuola paritaria” e con l’impegno di rispettare le norme di regolarità del percorso didattico e della necessaria qualificazione professionale dei docenti.
Lo Stato e il Ministero hanno il compito di vigilare e assicurare il rispetto delle norme, riconoscendo la validità dei titoli di studio rilasciati.
Sono, quindi, riconosciuti con pari diritto le scuole pubbliche “statali” e “paritarie” e certe affermazioni pronunziate nell’Aula di Montecitorio sono veramente indegne e rivelano ignoranza e ottusa ideologizzazione.
Le scuole paritarie d’ispirazione cattolica, oltre ad essere segno concreto di “pluralismo”, che Berlinguer rivendica “di sinistra”, sono anche espressione del principio costituzionale della “libertà di scelta educativa” che compete ai genitori, i quali hanno accettato anche il vincolo di dover pagare due volte il servizio pubblico dell’istruzione, pagando le tasse come cittadini e la retta scolastica per mantenere gli studi dei figli.
In questo particolare frangente di emergenza pandemica Covid-19, le scuole paritarie sono state chiuse ed hanno adottato come le scuole statali, la “didattica a distanza” per garantire il diritto allo studio e la regolarità dell’anno scolastico, ma sono rimaste emarginate ed escluse dai sostegni economici dello Stato che ha assegnato dei finanziamenti per i sussidi informatici alle scuole statali.
Da qui la protesta civile e democratica, al grido di allarme # Noi siamo invisibili per questo governo.
Nei giorni 19 a e 20 maggio, mentre il Parlamento era riunito per le votazioni degli emendamenti al “Decreto Rilancio” n. 34/2020 è stato attivato un gesto simbolico di interrompere le lezioni e promuovere via web un “rumore educativo e costruttivo” accendendo i riflettori sulla più grande e “prima impresa” del Paese democratico, reale e attivo volano dello sviluppo sociale ed economico con 900.000 studenti, 180.000 tra docenti e operatori scolastici, presenti nelle 12.000 scuole e 40.000 sedi scolastiche, distribuite su tutto il territorio nazionale.
Risultava, infatti, insufficiente il contributo di 80 milioni di euro riservato alle scuole dell’infanzia per coprire il mancato versamento delle rette da parte delle famiglie, per i mesi di sospensione della didattica in presenza. La somma assegnata ripartita tra le 8.957 scuole dell’infanzia sulla base del numero degli iscritti corrisponde a 152.00 euro per bambino.
Somma veramente esigua.
Una recente circolare della Direzione generale per le risorse umane del Ministero dell’Istruzione assegna 331 milioni di euro per l’avvio dell’anno scolastico, pari ad euro 200 per ogni alunno e 39,23 milioni di euro per affrontare le spese di organizzazione degli esami di stato.
Le somme assegnate sono una piccola goccia nel mare dei bisogni che ammontano ad un miliardo per risollevare il sistema delle scuole paritarie.
Il 30% delle scuole paritarie oggi è a rischio di chiusura e a settembre 300 mila studenti busseranno alle porte della scuola statale, che già è compromessa per le molteplici innovazioni organizzative di distanziamento per il Covid-19.
Lo Stato dovrà sobbarcarsi l’onere di circa cinque miliardi in più, mentre oggi, assegnando un miliardo alle scuole paritarie potrà risparmiarne quattro.
E’ questa una proposta di saggia amministrazione e una scelta di buon governo.
Nel Dossier “Diritto all’istruzione: ripartire dalle scuole paritarie” a cura dell’Istituto Bruno Leoni IBL, figurano tabelle analitiche di quest’analisi e si evidenzia che il costo standard per studente in una scuola paritaria corrisponde a meno della metà rispetto ai costi dello Stato.
Suor Anna Monia Alfieri, portavoce dell’USMI (Unione dei Superiori Maggiori) e della CISM (Conferenza italiana Superiori Maggiori) ha avanzato ben articolate proposte di utilizzo delle somme che prevedono: la detrazione (credito d’imposta) delle rette pagate dalle famiglie durante la chiusura Covid-19; sconto delle imposte per la scuola paritaria; parità di assistenza e di risorse per la didattica a distanza e le operazioni di sanificazione e prevenzione.
Le belle parole pronunziate a Montecitorio e a Palazzo Madama: pluralismo, studenti-al-centro, autonomia, valorizzazione-dei-docenti, scuola-di-qualità, non-lasciare-indietro-nessuno, sistema-scolastico-integrato composto-da-scuole-statali-e-paritarie, libertà-di-scelta-educativa … sono risultate parole vuote non avendo ottenuto il supporto economico necessario per essere messe in pratica nella concretezza del quotidiano.
Il grande politico Luigi Sturzo ha con forza dichiarato che la garanzia delle libertà della scuola viene garantita da adeguate risorse. Anche la clausola “senza oneri per lo Stato” che chiude l’art. 33 della Costituzione, voluta dal siciliano on. Concetto Marchese, rispondeva ad uno specifico momento storico e alla preoccupazione dei Padri Costituenti di evitare l’apertura di “scuole di partito” in un momento delicato della formazione dello Stato democratico.
L’espressione è stata utilizzata come bandiera ideologica di opposizione per le scuole paritarie attive e impegnate, e copertura del malaffare per i diplomifici.
Il diritto all’istruzione non può essere “monopolio di stato”, ma costituisce la guida del “servizio pubblico” come sostiene Berlinguer, e va integrato ai principi della libertà di scelta educativa che la Costituzione affida ai genitori.