Ci son casi in cui la scuola, più che luogo di valorizzazione delle potenzialità, diventa, per alcuni, un ostacolo allo sviluppo della propria individualità.
Siamo a Roma, quadrante sud della città, in una scuola come tante, un istituto comprensivo che negli open day si veste di tante belle parole sull’inclusione e sull’accoglienza di tutti e di ognuno. Ci racconta questa storia una mamma, per farci comprendere in cosa può trasformarsi la scuola per un bambino con grave disabilità e già pesantemente colpito dalla vita.
Parliamo di un alunno averbale con seri problemi di coordinamento oculo manuale, segue senza difficolta la programmazione della classe, ma ha bisogno di specifici strumenti di comunicazione per poter operare, tutti condivisi, all’unanimità nel Pei dagli aventi diritto e tutti ben evidenziati, sia in sede di GLO che nel Pei stesso. Il bambino frequenta 27 ore settimanali ed ha, oggi, sulla carta, una copertura abnorme (cattedra intera di sostegno, ben 22 ore, più 18 ore di Oepac essendo estremamente carente, per ovvi motivi, sul fronte comunicazione e di conseguenza socializzazione). Sembrerebbe una situazione idilliaca quanto a supporti ma, ci sono tanti però, dietro questa storia.
Il bambino ha bisogno di chi conosce i suoi mezzi di comunicazione, chi deve supportarlo ha necessità di conoscere questi strumenti per poterli usare, la figura di supporto ha necessità di tempo per conoscere i suoi punti di forza e per attivare facilitatori atti a trasformare le barriere, generate dalla sua condizione, in facilitatori. Il bambino ha soprattutto bisogno di stabilità e continuità, ha bisogno di costruire una relazione per potersi affidare. Siamo al 20 marzo e questo bambino è al 4′ cambio del docente di sostegno nel corrente anno, fino al 9 gennaio gli erano state garantite 12 ore di sostegno, poi è giunto in classe il supporto di una cattedra supplementare in deroga e gli sono state assegnate ulteriori 10 ore, nel frattempo aveva già subito un cambio della prima docente di sostegno incaricata (all’ufficio scolastico avevano sbagliato la definizione delle graduatorie), si cambia, si comincia di nuovo, si abituerà, l’importante è che ci sia copertura, si dice!
La stabilità è praticamente nulla, formazione specifica sul caso….meno di una chimera, ci si potrebbe appellare alla corresponsabilità educativa del corpo docente, come avvenuto lo scorso anno, in una situazione analoga, sarebbe una soluzione meravigliosa -dice la mamma fermamente convinta dell’importanza della corresponsabilità educativa dell’intero corpo docente – ma con tutte queste figure che ruotano attorno all’alunno, anche questa è una ipotesi difficile da mettere in atto. L’unica continuità avuta nel tempo è quella della figura dell’Oepac, persona che ha saputo supplire a tante delle carenze di un sistema scolastico nazionale che non ha sempre come primo focus del suo agire il singolo discente ma, troppo spesso, tutto ciò che intorno a lui ruota. Purtroppo, per una serie di motivi, anche l’Oepac, nel corrente anno, ha avuto più volte necessità di assentarsi, se è stato sostituito, si è fatto ricorso a figure giunte quotidianamente e tutte diverse una dall’altra che nulla sapevano di lui, idem è accaduto in caso di assenza delle docenti di sostegno (la scorsa settimana è stato affiancato da ben 6 figure diverse in 5 giorni di lezione). E quel bambino come ha trascorso il suo tempo scolastico? Restando lì in ascolto, senza comunicare con alcuno e descrivendo, in ogni contesto extrascolastico, il suo vissuto come quello di una persona in carrozzina a cui si rompe la sedia a rotelle in mezzo alla tempesta, senza avere la possibilità di chiamare alcuno in suo aiuto.
Questa è l’immagine che un bambino di dieci anni riporta del suo vissuto a scuola. Ora la mamma si chiede: – quale diritto allo studio ed alla socialità è stato garantito in questa situazione a mio figlio? Anche lui ha pari diritti dei compagni o è sufficiente garantirgli il badante di turno? Nei prossimi giorni arriverà, forse, un nuovo docente di sostegno per 10 ore settimanali (in sostituzione della figura giunta il 9 gennaio), da dove inizierà il suo lavoro? Non è dato saperlo. La famiglia, cosciente del vissuto del bambino e certificato da relazioni sanitarie, ha proposto formalmente alla scuola un’osservazione clinica in classe per individuare, tutti insieme e nel pieno rispetto di ruoli e funzioni di ogni attore, modalità atte a supportarlo anche in ogni contesto extrascolastico ed aiutarlo a vivere, con positività, la complessa situazione venutasi a creare, la scuola ha negato anche l’osservazione, non si ritiene necessaria…inutile nemmeno proporre un teacher training a spese della famiglia, per far fronte a tutto ciò!
Sarebbe superfluo sperare, in questa fase dell’anno, nell’arrivo di una persona specializzata sul sostegno, il bambino continuerà a stare lì (siamo nella scuola dell’obbligo) con i suoi carichi emotivi e la sua disperazione…in fin dei conti ha 40 ore di copertura…..cosa vogliono di più questi genitori? Una domanda sorge spontanea: se il famoso ddl proposto, a prima firma, dalla senatrice Ella Bucalo ed incardinato al Senato dovesse essere approvato sì come presentato, una volta internalizzati al Ministero dell’Istruzione e del Merito anche gli assistenti all’autonomia ed alla comunicazione, si replicherà anche per questa figura lo stesso balletto che storicamente caratterizza le cattedre di sostegno in Italia? La mamma conclude: – purtroppo, ogni giorno, guardando il volto di mio figlio e leggendo i suoi scritti, spero solo arrivi presto l’8 giugno, confido esclusivamente in un suo vissuto migliore nel prossimo ciclo scolastico -.
Il racconto di una mamma appartenente a Rete SupeRare
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