Riceviamo e pubblichiamo la terza parte dell’analisi su alcuni aspetti della legge 107 di riforma della scuola realizzata dal nostro lettore, Enrico Maranzana. In basso i link alle altre due parti:
La finalità del sistema scolastico è enunciata nel comma d’apertura della legge 107/15: “Per affermare il ruolo centrale della scuola nella società della conoscenza e innalzare i livelli di istruzione e le competenze delle studentesse e degli studenti, rispettandone i tempi e gli stili di apprendimento, per …”.
Istruzione [Treccani.it]: termine sotto il quale si è soliti comprendere tre significati distinti:
– Una serie di attività volte a far apprendere un insieme coordinato di conoscenze;
– Il risultato riscontrabile nel soggetto dell’insegnamento a lui impartito;
– L’insegnamento istituzionalizzato entro strutture scolastiche ed extrascolastiche.
La ratio del comma d’apertura fa coincidere il significato di “istruzione” col punto 2).
Competenza Termine non primitivo: descrive il comportamento di un soggetto che affronta un compito.
Le sue componenti elementari sono
– “la conoscenza” che costituisce l’ambito operativo;
– “le capacità e le abilità”, qualità individuali percepibili attraverso l’osservazione del percorso risolutivo.
Il testo del comma della legge esige l’elisione dei punti 1) e 3) e la scelta del campo semantico che i due termini condividono: più esteso quello di “competenza” per la presenza di aspetti legati a qualità umane. Una considerazione che il legislatore non è stato in grado di cogliere perché il significato di “competenza” gli è sconosciuto. Carenza comprovata dal comma 7 della legge che elenca gli obiettivi formativi prioritari: il 53% dei traguardi non ha la natura di “competenza”.
Un’anomalia che ha condotto alla banalizzazione di “innalzare i livelli di istruzione e le competenze delle studentesse e degli studenti”: l’espressione “competenza” è stata fagocitata da “istruzione” che, in conformità al senso comune, è stata fatta corrispondere, specularmente, a “insegnamento”.
L’errata riformulazione del problema formativo/educativo ha sterilizzato la scuola e occultato, nel contesto dinamico e complesso contemporaneo, la sua ragion d’essere: nessuna ipotesi sulle modalità di promozione delle competenze è stata formulata. Una strategia risolutiva era stata elaborata dal Miur, sintetizzata in “La promozione delle competenze”, visibile in rete.
Enunciate le finalità il legislatore, come un imbonitore che attribuisce ai suoi prodotti qualità fantasiose, asserisce: “Per i fini di cui al comma 1, le istituzioni scolastiche garantiscono la partecipazione alle decisioni degli organi collegiali e la loro organizzazione è orientata alla massima flessibilità, diversificazione, efficienza ed efficacia del servizio scolastico”.
La struttura decisionale, infatti, non possiede:
– Flessibilità. Il modello organizzativo che la legge introduce ha natura gerarchico – lineare, è rigido, è valido solo in situazioni statiche e di dimensioni ridotte. Un’introduzione al corretto disegno organizzativo è visibile in rete: “Coraggio! Organizziamo le scuole”, applicazione delle scienze dell’amministrazione alla scuola; “Quale formazione per il dirigente scolastico?” colloca la figura del preside all’interno di un apparato scolastico razionalmente costituito.
– Diversificazione. La legge 107 appiattisce la gestione scolastica:
– Il consiglio di Istituto è espropriato delle responsabilità strategiche;
– “la programmazione dell’azione educativa”, spazio vitale del Collegio dei docenti, è tacitamente abrogata;
– Il Consiglio di classe, il cui compito è l’identificazione dei traguardi cui tutti gli insegnamenti devono convergere, non ha più ragione d’essere.
– Efficacia. Un’utopia: il sistema scolastico non è stato correttamente orientato.
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